12 Novembre 2025
Un massivo schieramento di armi nonché di tutti i mezzi disponibili all'interno dell'arsenale militare del Paese, e soprattutto il ricorso ad una resistenza in stile guerriglia atta a seminare il caos qualora gli Stati Uniti procedano con un attacco aereo oppure terrestre. Sarebbero queste le mosse decise dal Venezuela per fronteggiare nel breve termine la "minaccia imperialista" statunitense.
Da un lato "il posizionamento dell'intero arsenale militare del Paese in piena prontezza operativa", secondo quanto riferito dallo stesso ministro della Difesa venezuelano Vladimir Padrino López, dall'altro la pianificazione di guerrillas urbane come mezzo di "resistenza prolungata". Il Venezuela si sta preparando a rispondere all'offensiva che gli Stati Uniti ormai da mesi minacciano al largo delle coste sudamericane, dove nelle ultime ore è arrivata nelle acque del Mar dei Caraibi l'ultima componente di un arsenale statunitense già imponente: la portaerei USS Gerald R. Ford. La più grande al mondo, insieme al suo gruppo d'attacco costituito da circa 4mila soldati.
Caracas, che già lo scorso 31 ottobre si era vista costretta a chiedere assistenza militare a Russia, Cina e Iran, a fronte di un "imminente attacco" che il tycoon avrebbe ordinato di sferrare secondo fonti (poi smentite) del Miami Herald e del Washington Post, annuncia ora una nuova e più avanzata fase del cosiddetto Plan Independencia 200. Nella logica di questa nuova contromossa operativa, la sovranità venezuelana dovrebbe essere garantita e difesa da un "massiccio dispiegamento di mezzi terrestri, aerei, navali, fluviali e missilistici". A riferirlo è stato proprio il Ministro López in un comunicato ufficiale nel quale ha spiegato i dettagli di questo piano. Oltre a ciò, il Plan prevede la piena mobilitazione della Milizia Bolivariana, degli Organi di Sicurezza Cittadina e dei Comandi di Difesa Integrale. Questi ultimi (Órganos de Dirección para la Defensa Integral) essenziali per un sostegno intersettoriale.
È chiaro come ormai l'aria che si respira sia quella di guerra, e Caracas in questo si dice pronta, forte di un'armata (la Fuerza Armada Nacional Bolivariana) descritta come "più coesa e preparata che mai". Eppure, secondo fonti a conoscenza della mobilitazione, il Venezuela potrebbe stare nascondendo una sostanziale carenza di strutture, attrezzature e risorse mobilitabili sul territorio. Ciò motiverebbe parzialmente la necessità di fare ricorso alla guerriglia, una forma di combattimento che non richiede necessariamente uno scontro in campo aperto. Inoltre, secondo informatori, molte delle armi messe in campo da Caracas sarebbero vecchie di decenni.
Che la preparazione militare statunitense superi di gran lunga le risorse venezuelane, non vi è dubbio. Tuttavia, indagini sul campo motiverebbero le mancanze sudamericane alla luce di una sostanziale carenza di addestramento, bassi salari e appunto attrezzature deteriorate, non aggiornate. Ecco che allora la guerriglia aiuterebbe nel portare uno stato disordinato di anarchia attraverso piccole unità militari impegnate in azioni di sabotaggio. Obiettivo, detto altrimenti, sarebbe quello di rendere il Venezuela ingovernabile a qualunque potenza straniera riesca ad inserirsi nel contesto sociale. Secondo fonti esperte in difesa e sicurezza, il Venezuela non sarebbe "pronto ad affrontare uno degli eserciti più potenti e ben addestrati al mondo". Affermazioni che remano nettamente contro le dichiarazioni governative, e che motiverebbero l'appoggio di Cina, Russia, Iran di cui gode il leader Nicolas Maduro.
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