05 Settembre 2025
Le forze di occupazione israeliane hanno dichiarato di controllare il "40% di Gaza City" e che espanderanno l'offensiva alla totalità del territorio cittadino, fino a prenderlo completamente entro il 22 di settembre. Diversi esperti, membri di Ong e giornalisti, fra cui Gideon Levy, intervistato da Il Giornale d'Italia, però, affermano che sia solo "propaganda israeliana" e che sia logisticamente "impossibile" conquistare la città entro il termine previsto.
Israele ha dichiarato giovedì 4 settembre di controllare circa il 40% di Gaza City e di voler intensificare l’offensiva nei prossimi giorni per conquistare l’intera città entro il 22 settembre. Un piano che, secondo analisti e fonti autorevoli, appare irrealistico, soprattutto di fronte alla devastazione umanitaria e alla resistenza della popolazione palestinese che continua a rifiutare l’ennesimo sfollamento forzato.
Nelle ultime 24 ore, i bombardamenti israeliani hanno ucciso almeno 75 persone, in gran parte civili, mentre quartieri come Zeitoun, Sabra, Tuffah e Sheikh Radwan sono stati rasi al suolo da raid aerei e colpi di artiglieria. Migliaia di famiglie vivono tra le macerie, senza acqua, cibo né rifugi sicuri. “Anche se Israele ordina evacuazioni, non ci sono luoghi sicuri per i civili”, denuncia Mahmoud Bassal, portavoce della protezione civile di Gaza.
Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, dall’inizio della guerra nel 2023 oltre 63 mila palestinesi sono stati uccisi, la maggior parte civili, tra cui migliaia di bambini. L’Unicef ha avvertito che la crisi di malnutrizione sta provocando la morte di oltre cento minori a settimana, mentre le agenzie umanitarie parlano di “carestia indotta dall’assedio”.
Non mancano dubbi nel mondo, ma anche in Israele. Giornalisti come Gideon Levy di Haaretz, intervistati da Il Giornale d'Italia, hanno definito l’operazione “un piano impossibile e disumano, pura propaganda per tranquillizzare gli Stati Uniti”, sottolineando che il controllo militare totale di Gaza City non solo richiederebbe anni di occupazione brutale, ma non garantirebbe alcuna stabilità politica. Inoltre, fonti interne all’establishment israeliano ammettono crescenti tensioni tra i vertici militari e politici.
La realtà sul campo mostra che decine di migliaia di palestinesi rifiutano di abbandonare le proprie case nonostante i bombardamenti, segno di una popolazione ormai convinta che non esista alcun luogo sicuro né promessa credibile da parte di Israele. “Non importa se restiamo o fuggiamo, la morte ci raggiunge comunque”, ha detto Um Nader, madre di cinque figli, a Reuters.
Mentre Netanyahu rifiuta le proposte di cessate il fuoco e scambio di prigionieri, cresce la convinzione tra osservatori e Ong internazionali che l’offensiva su Gaza City sia più un atto di punizione collettiva che una strategia militare realizzabile.
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