02 Settembre 2025
Eyal Zamir e Benjamin Netanyahu
L'Idf inchioda Netanyahu e ammette che la cosiddetta operazione "Carri di Gedeone", lanciata lo scorso maggio dall'esercito israeliano dopo un ordine del primo ministro, è sostanzialmente fallita. L'ammissione arriva da un rapporto classificato dell'Idf, nel quale viene illustrato come l'operazione non sia riuscita a portare a termine nessun obiettivo: rovesciare Hamas e liberare gli ostaggi. Il motivo? Una strategia "non abbastanza dura". Sta di fatto che il rapporto rivela ancora una volta la spaccatura tra l'Idf e Netanyahu.
L'Idf ha ammesso che l'operazione "Carri di Gedeone" lanciata per sradicare Hamas dalla Striscia di Gaza è fallita. Il testo è stato distribuito la scorsa settimana dal Centro di informazione operativa delle forze di terra dell'Idf ed è già stato visto da diverse brigate.
Il rapporto segnala la spaccatura tra l'esercito israeliano e il primo ministro Benjamin Netanyahu. Una spaccatura che i vertici provano a tenere sottobanco, ma inutilmente. Infatti, nonostante il capo di Stato maggiore dell'Idf, Eyal Zamir, e altri alti ufficiali abbiano pubblicamente elogiato l'operazione "Carri di Gedeone", nella valutazione interna viene sostenuto che "Israele ha commesso ogni possibile errore nel condurre la campagna". Un'affermazione che non lascia adito ad interpretazioni.
L'esercito ha agito in modo "contrario alla propria dottrina militare", fornendo al nemico risorse attraverso aiuti umanitari, non riuscendo a imporre la dovuta pressione, gestendo male le risorse ed esaurendo le forze a sua disposizione. Al contempo, il sostegno internazionale a Israele si è andato erodendo. Ne è una dimostrazione il fatto che diversi Stati occidentali hanno preso posizione contro il genocidio cominciando a riconoscere lo Stato di Palestina. E l'operazione (fallimentare) che ha portato avanti Israele da maggio a luglio è stata tra i motivi che ha portato a tutto ciò.
Nel rapporto viene evidenziato anche come l'esercito sia rimasto troppo a lungo nella stessa area, muovendosi troppo lentamente per evitare un numero eccessivo di vittime, senza essere preparato ad affrontare le tattiche di guerriglia di Hamas. I miliziani invece sono riusciti a sopravvivere e a rivendicare il successo, resistendo alle offensive dell'esercito israeliano con tattiche adeguate.
Le valutazioni sull'operazione mettono spalle al muro Netanyahu: Israele è stato guidato dalla "logica di deterrenza piuttosto che cercare una vittoria decisiva" e ha continuato a combattere con l'obiettivo di un accordo di cessate il fuoco e per rilascio degli ostaggi, a tutto vantaggio di Hamas. Nel testo viene fatto riferimento all'"incompetenza" con cui sono stati distribuiti gli aiuti, ammettendo di fatto un ruolo di primo piano dello Stato ebraico nell'affamare i palestinesi e portarli alla carestia.
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