14 Aprile 2025
"Fake news", così l'Istituto Clinico Città Studi di Milano bolla gli articoli de Il Giornale d'Italia sulla paziente 95enne ricoverata per bronchite il 21 marzo 2025 (ed entrata in piena autonomia e lucidità nella struttura), ma legata al letto e sedata per 12 giorni e 11 notti, e mai più alzatasi fino alla morte avvenuta il 1° aprile 2025. "Notizie prive di fondamento", si limita a dire l'ICCS di via Jommelli 17 a Milano, altresì denominato "Istituto Clinico Città di Milano", struttura privata convenzionata con la Regione Lombardia, ex Clinica Santa Rita ribattezzata “ospedale degli orrori” dopo il processo iniziato nel 2008 (processo in cui il primario della clinica, Pier Paolo Brega Massone, era stato condannato complessivamente a 21 anni e 4 mesi di carcere per la morte di quattro pazienti, 55 casi di lesioni e truffe al servizio sanitario nazionale). Tuttavia i video e gli audio parlano chiaro e da questi si evince esattamente ciò che noi abbiamo riportato.
L'ICCS diffida e invita Il Giornale d'Italia alla rimozione degli articoli, ossia le evidenze dei fatti, definendoli "fake news diffamanti e lesive della reputazione della struttura, una campagna orchestrata". Noi non abbiamo "orchestrato" nulla: abbiamo descritto puntualmente quello che è accaduto davanti ai nostri occhi tutti i giorni (non una tantum) e quello che abbiamo raccolto dalla voce della signora Clementina che chiamava continuamente, fino a quando ne ha avuto la possibilità, il nostro collaboratore affinché andasse "a salvarla", riportandolo fra virgolette e permettendo ai lettori di farsi la propria opinione sulla base dei contenuti che emergono oggettivamente dai video e dagli audio da noi trascritti.
Mentre noi abbiamo raccontato in modo trasparente i fatti accaduti, descrivendo semplicemente ciò che si sente e si vede, l'Istituto Clinico Città Studi di Milano non spiega perché ciò che appare nei video sarebbe una "fake news". Non spiega perché la paziente, ricoverata il 21 marzo 2025 per bronchite ed era entrata in piena autonomia, indipendenza e lucidità nella struttura, è stata per 12 giorni e 11 notti legata al letto e sedata, senza mai più alzarsi fino alla morte avvenuta il 1° aprile 2025.
L'ICCS non spiega perché non venivano raccolte le sue richieste costanti di dimissioni. Non chiarisce perché le sono stati sottratti i telefoni (telefoni che lei pensava che fossero stati rubati, come lei stessa afferma in uno dei video da noi pubblicati, e senza i quali non voleva stare, come dimostra il fatto che l'ultimo giorno di vita abbia implorato il nostro collaboratore, suo caro amico, di lasciarle il suo perché voleva denunciare l'ospedale e chiamare i carabinieri. Telefoni che durante il ricovero qualcuno - personale sanitario o un/una parente? - metteva inspiegabilmente in modalità offline).
L'ospedale ha perso un'occasione per chiarire il proprio punto di vista. Non ha controbattuto nel dettaglio a quanto da noi pubblicato, non ha fornito un'altra versione rispetto a quella che si evince dai video, non ha spiegato quali cure sono state riservate a Clementina e perché.
Sin dalla prima telefonata, Clementina ha chiesto al nostro collaboratore, suo caro amico, di portarla via: "Aiuto, vieni a prendermi, mi tengono bloccata, mi legano, portami via, tutta una violenza". Quando lui è andato a trovarla, effettivamente l'ha trovata con braccia legate al letto. In presenza, lei gli ha ripetuto le stesse identiche cose. Il giorno successivo Clementina era sedata al punto da non riuscire più a parlare in modo comprensibile, come si sente nei video. Il personale sanitario aveva riferito che la signora avrebbe "aggredito gli infermieri": "Ci ha aggrediti, quindi l'abbiamo legata e sedata col Valium". la 95enne, tuttavia, ha riferito di "non aver aggredito nessuno", così come la vicina di letto, anch'essa legata al letto e che implorava da ore di poter bere.
Il nostro collega, prima di slegare i polsi a Clementina, le ha chiesto: "Se ti slego, ti togli la cannula con l'ago?". Lei ha risposto: "No, perché dovrei toglierla?". Una volta slegata lui l'ha aiutata a bere, lei gli teneva la mano e si era anche tranquillizzata.
La vicina di letto era una signora molto tranquilla e debole. Il primo giorno, come dimostrano i video da noi pubblicati, implorava con dolcezza il nostro collaboratore di aiutarla a bere. Essendo legata, lei non poteva prendere la bottiglietta da sola. Quando lui l'ha slegata e le ha avvicinato la bottiglietta, lei lo ha ringraziato molte volte. "Che Dio la benedica, resti qui la prego", gli ha detto dandogli un bacino sulla mano. Lui peraltro le aveva inizialmente slegato una sola mano. Lei non ha nemmeno tentato di slegarsi con la mano libera l'altra mano legata, per assenza di forze. Gliel'ha dovuta slegare lui dopo per permetterle di mangiare in autonomia.
Il nostro collega ha parlato con una signora che era in visita in un'altra stanza e questa ha detto che anche "suo fratello viene tenuto legato". Un altro giorno, in attesa dell'apertura dell'orario di visita, il nostro collaboratore ha parlato con i parenti di altri pazienti. "Ho visto un'infermiera che stava facendo una puntura a una signora che era in camera con mia mamma. La signora non parlava, era poco cosciente, però si ribellava un pochettino e l'infermiera si è scatenata, non mi è piaciuto il comportamento", ha riferito una donna che stava andando a trovare sua madre ricoverata.
Nella diffida, l'ospedale afferma in modo molto generico che i nostri "articoli rappresentano in maniera distorta le condizioni in cui sono trattati i pazienti", senza però spiegare nulla a riguardo, senza dare una propria versione. Noi non abbiamo distorto nulla. Descriviamo semplicemente ciò che, inequivocabilmente, si vede e si sente.
Nei video si vedono pazienti anziane legate al letto che non possono prendere da sole la bottiglietta dell'acqua pur avendo sete. Si sente Clementina dire: "Mi stanno ammazzando, mi fanno punture di non so che cosa, chiama i carabinieri". Frasi ripetute ogni giorno durante l'orario di visita e in ogni telefonata. Richieste di dimissioni fatte continuamente sia prima sia dopo la sedazione, ma mai accolte... e l'ospedale non spiega perché.
Il Giornale d'Italia ha chiesto all'ospedale una replica sui fatti accaduti, ma nessuno ha risposto, e invece è arrivata una diffida da parte di uno studio legale di via Corso di Porta Nuova 3, a Milano.
"Chiediamo gentilmente informazioni in merito a quanto accaduto alla Signora Clementina Callegari.
La Signora è entrata presso il Vostro istituto sanitario per curare una bronchite, ma è stata legata al letto e sedata per diversi giorni, rimanendo allettata 12 giorni fino al decesso.
Vi chiediamo una replica su quanto accaduto e un Vostro contatto telefonico diretto".
Gli indirizzi mail a cui abbiamo inviato questa richiesta separatamente sono i seguenti:
Direzione Sanitaria
riccardo.baldelli@ic-cittastudi.it
direzione.sanitaria@ic-cittastudi.it
Direttore Generale
antonio.lanzetta@ic-cittastudi.it
segreteria.dg@ic-cittastudi.it
Responsabile Comunicazione
maurizio.campiglio@ic-cittastudi.it
Tuttavia nessuno ci ha mai risposto. Inoltre abbiamo provato a contattare telefonicamente la struttura, ma chi ha risposto ha riattaccato.
Gli articoli e l'inchiesta de Il Giornale d'Italia mirano a fornire in maniera oggettiva la notizia in cui ci siamo imbattuti: una signora di 95 anni perfettamente lucida e autonoma, entrata nell'Istituto Clinico Citta Studi di Milano con una bronchite, che dopo pochi giorni ha chiamato spaventata il nostro collaboratore dicendo: "Aiuto, vieni a prendermi, mi tengono bloccata, mi legano, portami via". Signora che, nelle telefonate successive diceva ogni giorno: "Mi stanno ammazzando, mi fanno punture di non so che cosa, chiama i carabinieri". Signora che noi trovavamo oggettivamente legata al letto e anche sedata e che ha continuato ha chiedere la stessa cosa per tutto il ricovero: "Denunciate, chiamate i carabinieri, portatemi via". Richiesta fatta sia prima della sedazione, sia dopo la sedazione. Signora che chiedeva le dimissioni ogni giorno, ma che è rimasta lì per 12 giorni e 11 notti, fino alla morte.
L'ospedale, replicando ai nostri articoli, riporta alcuni virgolettati di Clementina da noi scritti e che si sentono espressamente nei video, fra i quali: "Mi vogliono ammazzare, salvami, non puoi capire, tutta una violenza, mi hanno preso il telefono, mi bloccano al letto, chiama i Carabinieri". Poi l'ICCS scrive: "L'utilizzo del virgolettato da parte dell'autore nulla toglie alla responsabilità che egli assume nel riportare affermazioni tanto gravi, quanto palesemente non vere". Tuttavia Clementina ha detto davvero quelle frasi, come si evince dai video e dagli audio delle telefonate. Perché l'ospedale non controbatte? Perché l'ICCS non entra nei dettagli? Perché dice che non sono vere affermazioni quando invece si sentono nei video e negli audio e a pronunciarle è la paziente stessa?
Secondo l'Istituto Clinico Città Studi le notizie da noi riportate "sono destituite di ogni fondamento". Tuttavia si vede o non si vede nei video ciò che noi abbiamo fedelmente trascritto?
L'ICCS ci ha chiesto di rimuovere tutti gli articoli da noi pubblicati (che riportiamo di seguito senza le recensioni e i commenti di sdegno della rete e di chi ha rivelato esperienze analoghe), ma noi rinnoviamo la richiesta di replica da parte dell'ospedale, facendo seguito a quella già inviata per mail, come sopra indicato.
https://www.ilgiornaleditalia.it/news/cronaca/697018/clementina-denunciare-ospedale-morta-infarto-patimento-fisico-morale-immobilizzazione-prolungata-sedata.html
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