02 Aprile 2025
Nella sesta visita de Il Giornale d’Italia all’ospedale (lager?) di Milano, la paziente 95enne è sparita e il personale sanitario si è “trincerato” nel silenzio. Volevamo consegnare alla signora un telefono, visto che il giorno precedente erano spariti i suoi due cellulari, la carta di credito, i documenti, i contanti e le chiavi di casa. Sul dispositivo avevamo salvato alcuni numeri, fra i quali quello del nostro collaboratore che, ogni giorno, ha tenuto compagnia alla signora nell’orario di visita. Tuttavia lei è sparita e il personale medico, con fare ostile, non fornisce alcuna informazione. Non è stato nemmeno possibile capire se fosse viva o morta. Qualcuno ha ribattezzato la struttura "l'ospedale degli orrori".
Nei primi giorni di ricovero, la 95enne era nella stanza 227, due giorni fa era stata spostata nella 228.
Il nostro collaboratore, essendo lei scomparsa e non ricevendo informazioni, non ha potuto consegnarle il telefonino. Nell’ultimo incontro, quello prima della sparizione della donna, lei gli aveva preso il cellulare del nostro collaboratore strappandoglielo dalle mani e non voleva ridarglielo. Voleva tenerlo con sé “per chiamare i carabinieri e un avvocato. Mi hanno tolto i telefoni, lasciami qui il tuo, mi serve”. Alla donna infatti sono stati sottratti entrambi i cellulari da lei portati con sé nel giorno del ricovero. Telefoni che, nei giorni precedenti alla sparizione, erano fuori uso. Uno infatti era stato spento o si era scaricato e non era più stato ricaricato, l’altro è stato messo più volte in modalità offline. Mentre, infatti, all’inizio del ricovero la paziente continuava a chiamare il nostro collaboratore chiedendogli aiuto (“Mi stanno ammazzando, mi fanno punture ma non so di che cosa, mi tengono legata, aiuto, aiutami, portami via”), negli ultimi due giorni lei non lo aveva più potuto contattate e lui non riusciva a mettersi in contatto con lei telefonicamente. Poteva parlare con la sua amica solo nell’orario di visita.
Oltre ai due cellulari sono spariti anche i contanti, la carta di credito, i documenti, le chiavi di casa. A detta del personale sanitario sarebbero stati portati via dai figli. Uno di loro potrebbe essere passato velocemente quando il nostro collaboratore non era presente oppure i figli potrebbero aver mandato qualcuno a portare via tutti gli oggetti personali della donna.
Il nostro collaboratore non ha potuto consegnare alla sua amica il cellulare preso appositamente per lei perché, il giorno successivo all’incontro in cui lui ha scoperto che i due telefoni della 95enne erano scomparsi, la paziente era sparita nel nulla. Non era nella sua stanza. Abbiamo chiesto al personale sanitario dove fosse la signora e uno degli infermieri ha detto che lei “non è più in quel reparto” e che non ci avrebbe dato “né il numero di stanza né altre informazioni perché non siamo parenti”.
Abbiamo girato nei corridoi guardando nelle altre camere da fuori, preoccupati per lei, ma lei è sparita. Siamo andati all’info point dell’ospedale a chiedere dove fosse la paziente e lì ci hanno detto che risultava ricoverata nello stesso numero di stanza del giorno prima (228), tuttavia lì non era. L’infermiere ci aveva detto, infatti, al contrario di quanto risultava sul registro del centralino, che era non era più in quel reparto. Abbiamo dunque fatto sapere alla receptionist che nella stanza eravamo già stati e che la 95enne non c’era. Allora lei ha chiamato il reparto per chiedere delucidazioni e informazioni sul cambiamento che non risultava dal suo registro, e dopo aver parlato con il personale, ci ha detto: “Mi dispiace, non posso più dirvi nulla”. Molto preoccupati per la paziente e per questo silenzio persino sul numero della stanza (le visite infatti sono concesse a tutti, non solo ai parenti, quindi chi si reca in ospedale dovrebbe poter avere accesso almeno al numero della stanza), siamo tornati nel reparto e lì, il signore che c’era con il nostro collaboratore, anche lui amico della paziente, quasi piangendo ha chiesto almeno di poter sapere se fosse viva o morta, ma con un atteggiamento ancora più ostile, il personale sanitario ha ribadito che non ci avrebbe dato alcuna informazione.
“Disumani - ha poi detto lui raccontando che cos’era successo -, la persona a cui ho chiesto se la donna fosse viva o morta non provava emozioni”.
Com’è possibile che una signora che viveva da sola in piena autonomia e indipendenza, che è entrata in ospedale perfettamente lucida e che è stata ricoverata per una bronchite, venga tenuta nascosta agli amici che vogliono vederla? Che cos’è successo? Dov’è la cara amica del nostro collaboratore? E’ viva o è morta?
Perché il giorno prima della sparizione della paziente sono scomparsi anche i suoi due telefoni e gli altri suoi oggetti personali tra cui carta di credito, contanti, documenti, chiavi di casa. La paziente, sin dal primo giorno, chiedeva di essere dimessa per tornare a casa, implorava il nostro collaboratore di aiutarla e di chiamare i carabinieri, ripeteva "non so che cosa c'è nelle iniezioni che mi fanno, mi stanno ammazzando". Ma la paziente, senza chiavi, documenti, carta di credito, contanti e cellulari, non poteva tornare a casa né chiamare un taxi, né contattare più il suo amico che è andato tutti i giorni a farle visita. Visite durante le quali lui non ha mai visto nessun altro andare a trovare la signora, compresi i parenti.
Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.
Articoli Recenti
Testata giornalistica registrata - Direttore responsabile Luca Greco - Reg. Trib. di Milano n°40 del 14/05/2020 - © 2025 - Il Giornale d'Italia