24 Ottobre 2025
Nonostante il cessate il fuoco e la tregua raggiunta tra Israele e Hamas, dopo la restituzione di parte degli ostaggi israeliani, il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha rilasciato una dichiarazione che ha suscitato forti critiche: “Ora che abbiamo gli ostaggi, dobbiamo tornare alla guerra e aprire le porte dell’inferno sulla Striscia di Gaza”. Il Ministro ha con queste parole invocato la ripresa immediata bombardamenti su larga scala contro Gaza, dopo le difficili e lunghe trattative per raggiungere la tregua, dimostrando la volontà di Israele di radere al suolo la Striscia.
Le parole di Ben Gvir arrivano a pochi giorni dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, che ha portato alla liberazione di diversi ostaggi israeliani e al rilascio di prigionieri palestinesi. Secondo Ben Gvir, la tregua rappresenterebbe solo una pausa tattica e non dovrebbe essere interpretata come un passo verso la fine del conflitto. “Hamas non cambierà, deve essere completamente distrutto”, ha dichiarato in un altro intervento pubblico.
La frase “aprire le porte dell’inferno” è stata interpretata da molti analisti come un segnale di escalation, in un momento in cui si tenta di consolidare una fragile tregua e avviare un percorso diplomatico. Tregua che peraltro non è stata rispettata. Negli ultimi giorni infatti, sono diversi i civili palestinesi morti proprio a causa delle azioni dei soldati israeliani. Sono numerose le segnalazioni di violazione di cessate il fuoco.
Il controllo e la militarizzazione di Gaza continuerebbero anche dopo la cosiddetta "tregua" e il conseguente "ritiro dell'Idf", come proverebbero diverse testimonianze e le immagini satellitari, che evidenziano 40 basi e postazioni militari operative israeliane nella Striscia. Un’inchiesta del Sanad Unit di Al Jazeera mostra come l’esercito israeliano non solo non si sia completamente ritirato oltre la cosiddetta “linea gialla” — confine provvisorio previsto dal primo stadio dell’accordo di cessate il fuoco — ma continui a controllare il 58% del territorio gazawi.
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