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Gaza, Israele mantiene 40 basi militari nella Striscia nonostante "ritiro Idf", continua piano militarizzazione - confermate anticipazioni GdI

Nonostante il presunto ritiro e la tregua in vigore, Israele conserva decine di postazioni militari dentro Gaza, segnando una forma di controllo anche più stringente di prima, come anticipato da Il Giornale d'Italia

24 Ottobre 2025

Basi militari israeliane a Gaza

Basi militari israeliane a Gaza, fonte: Telegram, @Geopolitcs Prime

Il controllo e la militarizzazione di Gaza continua anche dopo la cosiddetta "tregua" e il conseguente "ritiro dell'Idf", come anticipato da Il Giornale d'Italia. Ciò è provato, oltre dalle testimonianze internazionali, anche dalle immagini satellitari, che evidenziano 40 basi militari israeliane nella Striscia.

Gaza, Israele mantiene 40 basi militari nella Striscia nonostante "ritiro Idf", continua piano militarizzazione - confermate anticipazioni GdI

Mentre i negoziati internazionali parlano di tregua e di un graduale ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza, nuove immagini satellitari rivelano una realtà ben diversa: Israele mantiene circa 40 basi e postazioni militari operative all’interno dell’enclave palestinese. L’inchiesta del Sanad Unit di Al Jazeera mostra come l’esercito israeliano non solo non si sia completamente ritirato oltre la cosiddetta “linea gialla” — confine provvisorio previsto dal primo stadio dell’accordo di cessate il fuoco — ma continui a controllare il 58% del territorio gazawi.

Le postazioni sono distribuite in tutte le aree: nove nel nord, sei a Gaza City, una a Deir el-Balah, undici a Khan Younis e tredici a Rafah. Alcune sono state costruite durante l’offensiva, altre ampliate nelle ultime settimane, come quella su al-Muntar Hill, a Shujayea, visibilmente pavimentata e fortificata tra fine settembre e metà ottobre.

Il risultato è una militarizzazione diffusa, che di fatto svuota di significato il concetto stesso di tregua. L’assenza di un confine ufficiale — quella “linea gialla” mai tracciata né riconosciuta — consente a Israele di mantenere una presenza armata profonda dentro Gaza, giustificandola con "esigenze di sicurezza". Intanto, i palestinesi pagano il prezzo di questa ambiguità: quasi cento persone sono state uccise da inizio tregua, tra cui undici membri della famiglia Abu Shaaban, colpiti a Gaza City mentre cercavano di rientrare nella loro casa.

Il piano in tre fasi, definito da media israeliani e statunitensi come il “Trump-Netanyahu Gaza Plan”, prevederebbe una riduzione graduale delle truppe, ma anche la creazione di una “zona di sicurezza” permanente sotto controllo israeliano e internazionale. In pratica, anche nella fase finale, Gaza resterebbe frammentata e sotto una forma di supervisione militare esterna.

Dietro la retorica della pace e della stabilizzazione, la Striscia si trova dunque in una nuova realtà: quella di un’occupazione che non si dichiara, ma che continua a plasmare il territorio con basi, recinzioni e sorvoli militari quotidiani.

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