30 Giugno 2025
Massimo Lovati Fonte: X @HiddenCasesX
Il legale di Andrea Sempio, Massimo Lovati, denuncia apertamente la “gogna mediatica” che avrebbe stravolto la vita del suo assistito e accusa la Procura di Pavia. Sempio ha già perso la casa e ora rischia anche di perdere il lavoro. Il suo avvocato denuncia che “il proprietario di Voghera non gli ha rinnovato contratto perché c’erano troppi giornalisti”.
“A oggi ancora non sappiamo quali indizi concreti ci sono a suo carico. Questa inchiesta è inconsistente. Una indagine come questa può distruggere una persona”. Sono parole forti quelle dell’avvocato Massimo Lovati, che insieme alla collega Angela Taccia difende Andrea Sempio, commesso 37enne indagato nella nuova inchiesta aperta dalla Procura di Pavia sul delitto di Garlasco.
Lovati non usa mezzi termini: “Questa inchiesta è inconsistente ma la gogna mediatica continua: Andrea Sempio ha già perso la casa, ora rischia di perdere anche il lavoro”. E prosegue parlando di “danni incalcolabili” per il suo assistito: “E non mi riferisco certo a quelli economici per pagare avvocati e consulenti, che pure ci sono. Mi riferisco al rischio che gli resti attaccata addosso comunque l’etichetta del sospettato, di quello che ha qualcosa da nascondere, anche se l’indagine dovesse finire archiviata”.
Secondo il legale, “la Procura poteva continuare a indagare a carico di ignoti”, ribadendo che non vi sarebbero, a oggi, elementi sufficienti a giustificare il coinvolgimento di Sempio. E replica duramente anche all’amico dell’indagato, Mattia Capra, che in un’intervista aveva affermato che “non bisogna aver paura delle indagini se si è innocenti”. La risposta di Lovati è netta: “Si faccia indagare Capra e poi non parliamo. La pressione in un caso come questo è insopportabile”.
L’invasività delle attenzioni mediatiche avrebbe già compromesso la stabilità personale di Sempio, secondo la difesa: “Ad Andrea il proprietario di casa a Voghera ha detto che non era più opportuno rinnovargli il contratto, perché c’erano troppi giornalisti appostati. Anche al lavoro non è un bel periodo. La gente è cattiva, sospettosa. Un’indagine come questa può distruggere una persona”.
Il nodo centrale resta la presunta traccia di DNA. Lovati contesta la validità dell’elemento probatorio: “Per dire che è davvero di Sempio bisogna fare delle comparazioni e possono essere fatte sue due termini, uno di partenza e uno di arrivo. Qui quello di partenza è già un dato controverso, perché quella traccia non esiste più, c’è solo una perizia che dice che non era interpretabile. Davvero vogliamo partire da questo? E poi il confronto come è stato fatto? Con il Dna che è stato rubato a Sempio? Non scherziamo”.
Infine, l’avvocato punta il dito contro l’impostazione stessa dell’accusa: “Il capo di imputazione in cui viene contestato a Sempio il concorso con altri o con Stasi è un escamotage che non può stare in piedi. Se andiamo a giudizio con questo capo di imputazione l’accusa è nulla”. E conclude: “Il punto è che stanno cercando i concorrenti quando non hanno in mano niente contro Sempio”.
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