05 Dicembre 2025
Bilbao, 5 dic. (askanews) - Forse non tutti lo coglieranno e forse non tutti saranno pronti o d'accordo. Ma la mostra "Arti della Terra" presentata nel Museo Guggenheim di Bilbao in qualche modo rappresenta un cambiamento che non è rinviabile, una presa di posizione di fronte allo stato del pianeta che deve coinvolgere anche il discorso culturale e artistico. Nelle grandi sale progettate da Gerhy trovano spazio alberi, foglie, materiali e soprattutto terra, in un percorso che rimanda alla Land Art o all'attivismo, ma che è anche qualcosa di più radicale.
"Sono i processi ecosistemici che ci interessa portare qui dentro - ha detto ad askanews il curatore Manuel Cirauqui - prima di tutto per porre una sfida ai protocolli classici del museo, pensando che in un futuro prossimo questa sarà la nostra realtà. Dovevo essere molto più vicini ai processi ecosistemici per poterli capire e per poter esistere insieme, perché non c'è un altro modo di esistere".
Al centro della ricerca c'è il suolo, inteso come spazio materiale ed ecosistema condiviso, ma c'è anche una costante urgenza di cambiamento, perché le piante e l'erba, banalmente, crescono, e "crescita" è un'altra parola chiave, perché rimanda pure al sistema economico che ha prodotto la crisi attuale. E uno dei possibili sensi profondi dell'esposizione si può trovare proprio nella duplice lettura di questi termini, applicabili sia al progetto d'arte sia all'emergenza ambientale. E naturalmente si ragiona di trasformazione.
"Questa trasformazione del mondo, noi pensiamo con la mostra - ha aggiunto il curatore - che è venuta accompagnata da una trasformazione nell'arte e suo rapporto con i materiali. In questo contesto dei materiali entrano i processi vivi".
È chiaro che si tratta comunque di una mostra in uno dei musei più globalizzati, ed è anche vero che sono esposti artisti storici come Joseph Beuys, Hans Haacke, Richard Long, Meg Webster o Giuseppe Penone, ma è il contesto complessivo a essere in gran parte diverso, anche per la presenza di molti artisti più giovani e legati al territorio.
"L'idea del contemporaneo stesso - ha concluso Manuel Cirauqui - è una idea che vogliamo prendere non problematicamente, ma che vogliamo prendere criticamente il contemporaneo non è il contemporaneo dei social o di due ore fa, il contemporaneo è un spazio molto largo di più di 60-70 anni, possiamo pensare a dei momenti che hanno aperto questa sensazione del contemporaneo della crisi climatica come un presente allargato".
Un presente che rischia di sfuggire via e che, come gli alberi del Mediterraneo che fanno parte di una grande installazione, ha bisogno di cura. E la qualità di questa cura, alla fine, diventa l'opera stessa. Questo sì, potrebbe essere un cambiamento epocale per il sistema dell'arte. (Leonardo Merlini)
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