23 Ottobre 2025
Gaza
Un'altra tragedia si abbatte sui bambini di Gaza. A causa dei traumi psicologici del genocidio da parte di Israele, i piccolissimi sono sempre più afflitti da mutismo totale e ritardi nello sviluppo del linguaggio. La denuncia è arrivata da diverse Ong, come Medici Senza Frontiere, Unicef e Oms.
Il silenzio è diventato l'unica lingua rimasta a migliaia di bambini di Gaza. Non per ferite fisiche, ma per un trauma psicologico così devastante da cancellare la loro capacità di parlare. Secondo il Gaza Community Mental Health Program (GCMHP), sempre più minori mostrano sintomi gravi di stress post-traumatico: incubi cronici, ipersensibilità ai rumori forti, enuresi notturna. Ma il fenomeno più allarmante è il mutismo totale, nonostante le corde vocali siano intatte.
I medici lo chiamano "mutismo traumatico": un disturbo psicologico in cui la paura o lo shock annullano la voce, costringendo i bambini a comunicare solo attraverso gesti, sguardi o movimenti ripetitivi. "L'esaurimento psicologico a Gaza è diventato endemico", ha dichiarato il dottor Yasser Abu Jamea, direttore del GCMHP. "Le équipe mediche operano in condizioni di annientamento che rendono quasi impossibile la continuità delle cure".
Un dottore di Medici Senza Frontiere ha descritto la situazione con parole crude: "Un bambino a Gaza non vive con il ricordo di un bombardamento, vive aspettando il prossimo". La logopedista Heba Haidar ha confermato che rapporti di Unicef e Oms documentano casi di balbuzie e perdita della parola direttamente collegati ai bombardamenti israeliani. "Bambini estratti dalle macerie hanno smesso di parlare. Anche adolescenti faticano a formare le parole, come se il linguaggio stesso si fosse spezzato sotto il peso del trauma", ha spiegato Haidar.
Prima dell'escalation attuale, oltre la metà dei bambini di Gaza mostrava già sintomi di disturbo post-traumatico. Ora, avverte Haidar, quelle ferite psicologiche si sono trasformate in un "collasso linguistico ed emotivo" che minaccia un'intera generazione.
"Specialisti in Giordania hanno provato a offrire i loro servizi ai bambini di Gaza", ha rivelato Haidar, "ma i bombardamenti incessanti e il collasso totale delle reti di comunicazione hanno reso questi sforzi quasi impossibili". La logopedista ha avvertito che le esperienze da Ruanda, Bosnia e Siria dimostrano che il trauma bellico non curato può persistere per generazioni.
Nonostante la devastazione, Haidar crede che un "piano di risposta psicologica urgente" possa ancora essere implementato: unità mobili di salute mentale nei campi profughi, terapie di gioco per bambini ed esercizi strutturati per il recupero della parola, insieme a programmi di supporto a distanza coordinati con esperti internazionali.
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