Da 50 giorni sei bambini palestinesi, feriti o gravemente malati, aspettano di poter lasciare la Striscia di Gaza per essere curati al Policlinico Umberto I di Roma. I medici italiani li seguono a distanza, via Whatsapp, in un disperato tentativo di salvare vite che non possono toccare.
I loro nomi – Asemi Mahamoud Bashir (1 anno), Yaqoub e Murad Shebab (5 e 8 anni), Hanen Udjh Al Gasas (2 anni), Jolia Muhamad Awad Lehia (2 anni) e Zain Osama Hassan Alhalies (6 anni) – compaiono nella lista dei piccoli che l’Italia è pronta a evacuare. La Farnesina ha predisposto i documenti, l’ospedale ha garantito disponibilità immediata, ma il trasferimento resta bloccato: manca l’autorizzazione del governo israeliano ad aprire un nuovo corridoio umanitario.
Nel frattempo, i pediatri Alberto Spalice e Salvatore Oliva, insieme all’associazione La Fenice, hanno creato un protocollo d’emergenza a distanza, fatto di messaggi, foto e video. “In Italia potremmo curarli facilmente – hanno spiegato – ma da Gaza arrivano immagini di bambini con ferite infette, senza antibiotici né analgesici”.
Il caso più grave è quello di Yaqoub, cinque anni, che vive in una tenda con il nonno, unico sopravvissuto della famiglia. Le sue gambe, trafitte da chiodi chirurgici, si sono infettate. “Soffre dolori insopportabili, rischia l’amputazione o la morte”, ha scritto il dottor Spalice in un referto inviato a distanza.
Accanto a lui, il fratellino Murad si muove a fatica con le stampelle. Altri tre bambini sono malati di neuroblastoma, un tumore infantile che potrebbe essere curato in Italia.