05 Dicembre 2022
Nella giornata di lunedì 5 dicembre 2022 sono entrati in vigore l'embargo Ue alle importazioni di petrolio russo via mare e il Price Cap concordato tra Ue, G7 e Australia. Si è giunti a questa decisione per provare a limitare la capacità di Mosca di finanziare la guerra in Ucraina. Il nuovo limite al prezzo del petrolio russo è dunque fissato a 60 dollari al barile.
Il nuovo accordo, di cui si discuteva da mesi, consente di spedire il petrolio russo a Paesi terzi utilizzando navi cisterna del G7 e dell'Ue. Tuttavia questo vale solo se il carico viene acquistato a un prezzo pari o inferiore al limite massimo. Si tratta comunque di un'arma a doppio taglio, o di una "spada senza manico", in quanto il Price Cap potrebbe arrivare a danneggiare anche chi lo ha voluto. La Russia, infatti, dopo l'annuncio di Ue e G7, ha fatto sapere che non rispetterà la misura anche se dovrà andare incontro a un taglio della produzione.
Gli Stati del G7, l'Ue e l'Australia hanno concordato un tetto massimo di 60 dollari al barile per il prezzo del greggio russo trasportato via mare, che però ha una valutazione che oscilla sui 65 $ al barile, con l'ultima valutazione che era a 67. L'accordo è stato possibile dopo che l'Unione europea è riuscita a convincere la Polonia, tra i membri che dubitava della misura.
La Russia però non sembra essere spaventata dalla misura. "Stiamo lavorando su meccanismi che vietino l'uso dello strumento del Price Cap, a prescindere dal livello fissato, perché tale interferenza potrebbe destabilizzare ulteriormente il mercato - ha fatto sapere il vice primo ministro russo Alexander Novak -. E ancora: "Venderemo petrolio e prodotti petroliferi solo a quei Paesi che lavoreranno con noi alle condizioni di mercato, anche se dovessimo ridurre un po' la produzione".
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