11 Dicembre 2025
Fonte: Imagoeconomica
Un dibattito che torna centrale con la Manovra 2026
Il confronto politico si riaccende intorno alla possibile reintroduzione della cedolare secca sugli immobili commerciali, un tema che negli ultimi anni era scivolato ai margini del dibattito fiscale. L’iniziativa legislativa, depositata alla Camera da un gruppo di parlamentari di Fratelli d’Italia, è tornata al centro dell’attenzione perché punta a rispondere a un fenomeno ormai evidente: la progressiva desertificazione dei centri storici. Serrande abbassate, negozi che non riaprono e una minore presenza imprenditoriale stanno modificando profondamente la qualità urbana, con effetti che si percepiscono anche nei comuni del Fermano.
Il precedente del 2019 e il limbo normativo successivo
Per comprendere la portata della proposta, occorre ricordare che la cedolare per i negozi non è un’assoluta novità. Nel 2019 fu introdotta una misura sperimentale che sostituiva l’Irpef e le relative addizionali per i locali C/1 con superficie fino a 600 metri quadrati. Una finestra breve ma significativa, che però non venne prorogata nonostante l’inserimento nella legge delega per la riforma fiscale. Durante l’attuazione della delega la norma scomparve dai decreti, generando un vuoto regolatorio e lasciando la misura in sospeso. Ora il tema torna d’attualità anche per le aperture del ministro per gli Affari europei, che ha definito lo strumento “utile a sostenere il tessuto produttivo urbano”.
Il nuovo perimetro: più immobili e la possibile apertura agli uffici
La proposta presentata introduce modifiche rilevanti rispetto alla versione sperimentale. L’agevolazione riguarderebbe non solo negozi e botteghe, ma anche locali fino a 1.500 metri quadrati, con un salto dimensionale che intercetterebbe molte attività oggi escluse. L’aliquota del 21% resterebbe invariata, rendendo la cedolare una soluzione fiscale competitiva rispetto alla tassazione ordinaria. Ma l’innovazione più significativa è la potenziale estensione agli immobili destinati a uso ufficio, includendo quindi professionisti, artigiani e operatori di servizi, categorie sempre più penalizzate dal costo degli affitti nelle zone centrali.
Centri storici come infrastrutture sociali da rigenerare
Il cuore della proposta riguarda l’applicazione della cedolare ai centri storici, luoghi dove la crisi commerciale è più visibile. Le ricerche delle associazioni di categoria mostrano un calo costante degli esercizi tradizionali, sostituiti da attività temporanee legate al turismo o, in molti casi, da nulla. La perdita di botteghe e microimprese non è solo un problema economico: mina la sicurezza percepita, riduce la vivibilità urbana e impoverisce l’identità culturale delle città. Rendere più conveniente la locazione potrebbe incoraggiare nuove aperture e frenare la trasformazione dei centri in semplici contenitori scenici, privi di funzioni quotidiane.
Una riforma promettente, ma con nodi da sciogliere
Nonostante l’attenzione politica, la misura è ancora nella fase iniziale dell’iter parlamentare. Il Parlamento dovrà valutarne la sostenibilità finanziaria e l’effettiva capacità di incidere sui canoni. Rimane aperto anche il tema dell’eventuale estensione al di fuori dei centri storici, magari attraverso fasi sperimentali. È certo tuttavia che la cedolare secca rappresenti un tassello potenzialmente strategico in una più ampia politica di rigenerazione urbana, che deve includere semplificazione amministrativa, riqualificazione dello spazio pubblico e strumenti per favorire la competitività delle microimprese. La discussione è destinata a proseguire nei prossimi mesi. Per molti territori, incluso il Fermano, questa riforma potrebbe segnare la differenza tra un centro storico che lentamente si svuota e uno che torna a essere luogo di incontro, lavoro e identità collettiva.
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