22 Novembre 2025
Gianfranco Rebora Professore emerito di Organizzazione aziendale e Già Rettore presso la LIUC Università Cattaneo di Castellanza è stato intervistato da Il Giornale d'Italia in occasione della presentazione del libro “Pensiero e approccio strategico: patrimonio comune dell'impresa” dei professori Vitale e Coda tenutasi presso Arca Fondi.
Quanto è importante lo studio della strategia per gli studenti universitari?
Sicuramente è una delle materie chiave, io però la vedrei sempre in relazione all'organizzazione, perché questi sono tempi che danno grande importanza all'organizzazione. Ce lo dimostrano anche tutta la nuova economia delle piattaforme, insomma, che è tutta costruita sulla forza organizzativa. Quindi l'organizzazione non è più ancella della strategia, semplicemente eseguire quello che viene deciso nelle alte stanze, ma diventa una cura, insomma, della forza dell'impresa negli aspetti anche più complicati, più difficili, che richiedono una cura continua.
Infatti l'impostazione del libro del professor Vitale e del professor Coda ha un po' questa visione integrata, strategia, organizzazione, cultura, sono aspetti che tra loro si integrano, si completano, si arricchiscono a vicenda. E il punto che mi pare un po' centrale, almeno dal mio punto di vista, è quello di vedere le organizzazioni del nostro tempo, tutte quante, le imprese grandi, piccole, e anche gli enti dell'amministrazione, delle istituzioni, come beni comuni, ed è molto ristrettivo vederli come beni privati, come proprietà di qualcuno, proprio perché da quello che si fa in questi ambiti dipende un po' il benessere di una società e alla fine delle persone. E questo è un discorso che vediamo ancora affidato a personaggi illuminati, come il professor Coda e Vitale, ma forse ancora troppo poco sentito e diffuso nelle basi della nostra società, a cominciare dai ragazzi delle scuole, alle persone che lavorano, perché questo comunque avrebbe delle conseguenze, delle conseguenze importanti che spesso rischiano di restare un po' lettera morta.
Diciamo, è un modo di pensare differente che però dovrebbe portarsi dietro anche sul piano istituzionale e strutturale delle scelte che facilitino questa compressione di quello che è uno dei punti essenziali per il miglioramento sociale.
Cosa consiglierebbe a un'impresa italiana per migliorare la propria strategia e la propria organizzazione?
Consiglierei di lavorare sugli aspetti che la rendono specifica, unica, individuando un po', partendo dai caratteri strutturali in cui si identifica, insomma, il tipo di lavoro che occupa, il tipo di settore, il tipo di competenze di cui ha bisogno, il tipo di clienti, l'interfaccia tra la propria organizzazione e le esigenze dei prodotti, dei servizi e quindi dei clienti. Quindi non aderire a un modello predefinito da qualcuno che viene proposto come il migliore possibile, ma invece riflettere ed operare anche sperimentalmente a partire dai propri processi.
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