21 Novembre 2025
Fiorenzo Marco Galli, direttore Generale del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci,è stato intervisto da Il Giornale d'Italia in occasione della presentazione del libro "“Pensiero e approccio strategico: patrimonio comune dell'impresa” dei professori Vitale e Coda tenutasi presso Arca Fondi.
Qual è la principale caratteristica di un'impresa culturale?
L'impresa ha la caratteristica della gestione, dell'organizzazione, della strategia. L'impresa culturale, da questo punto di vista, non è particolarmente diversa. Noi poi, come Museo della Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci, secondo una definizione che aveva dato, molto efficiente ed efficace, il nostro fondatore, che era un industriale, Guido Uccelli, è il museo del divenire del mondo.
Quindi non è solo un museo, è una realtà che cerca di dare, con una strategia, con una visione, scienza è cultura e con una missione è dare comprensione ai cittadini, soprattutto alle nuove generazioni, di come la ricerca scientifica e la tecnologia ci cambiano la vita e quindi devono essere affrontate con consapevolezza. Tutto questo si persegue attraverso modalità che non sono molto diverse da quelle dell'impresa tradizionale. Perché, ad esempio, la cosa fondamentale è l'investimento sul capitale umano, l'investimento sulle persone di qualità, che in questo caso, visto che nel mondo della cultura non si può giocare su rimunerazioni economiche particolarmente significative, deve avere ancora di più, rispetto all'impresa, forse una motivazione personale.
Dopodiché bisogna avere chiari gli obiettivi. Noi siamo una fondazione di diritto privato, partecipata anche dal mondo pubblico, che ha un ruolo minoritario dal punto di vista economico-finanziario, ma sicuramente pressante dal punto di vista della presenza. Quindi bisogna avere una modalità tale per cui ci sia equilibrio in tutto questo, cosa non facile.
E devo dire che se dovessimo provare a dire qualche cosa a chi ne ha facoltà, forse una modalità diversa di relazione mondo pubblico-mondo privato in Italia sarebbe necessaria per togliere tutti quelli che Guido Carli chiamava i lacci e i lacciuoli, per diminuire la pressione di una burocrazia che rischia di rendere troppo complesso il rapporto che noi abbiamo fra di noi già all'interno del Paese, e quindi di concorrenza internazionale, che mi sembra sia oggi il tema sul tavolo per tutti.
Quanto è importante la ricerca scientifica, quindi, in questo contesto, e per le imprese?
È fondamentale. Innanzitutto a livello geopolitico non c'è dubbio che oggi, in termini hegeliani, il primo scopo non sia più soltanto il possesso del denaro, che rimane naturalmente fondamentale, ma anche il dominio, il possesso, le competenze sulle tecnoscienze, senza le quali non vai più da nessuna parte.
In particolare noi stiamo adesso per affrontare, non vorrei dire in termini esagerati, ma una sorta di tsunami, perché rispetto alle nuove tecnologie, se noi consideriamo una sorta di piramide, le modalità di approccio rispetto alle nuove tecnologie, sulla base ci vogliono i dati, e molte imprese italiane hanno ancora difficoltà ad avere comprensione dei dati che le riguardano. Poi subito sopra c'è una fascia che riguarda i BIA, che riguarda i verticali, che governano, sono una decina quelli tradizionali, che governano i dati che devono essere tenuti in considerazione per la gestione di un sistema d'impresa, c'è avuto quelle più automatizzate, quelle più anche dimensionate, e adesso però sta arrivando la nuova tecnologia legata al quantum computing, all'intelligenza artificiale, che va vista non più soltanto dal punto di vista etico, cioè il problema non è se la famosa casalinga di Voghera riesce o no a comprare su Amazon, il problema è se le imprese italiane riescono ad approcciare questi sistemi che integrano i verticali e ti mettono in condizioni di fare risparmi talmente significativi rispetto alla gestione dal punto di vista energetico, dal punto di vista del personale, delle modalità operative, poi da caso a caso naturalmente cambiano, tali per cui si rischia di andare fuori mercato a livello internazionale. Quindi ecco ci troviamo in un momento complesso dove la gestione diventa un qualche cosa che è fortemente legato alle nuove tecnologie e quindi rischia di essere tale per cui se non l'approcci in modo qualificato vai fuori mercato con tutto quello che questo comporta.
L'intelligenza artificiale quindi può essere una risorsa per le imprese?
È un obbligo e di conseguenza sì, ovviamente, naturalmente bisogna vedere di cosa si parla perché è un tema talmente ampio, come dire, parlando di qualche centinaia di anni fa se l'energia elettrica avrebbe cambiato il sistema di processo industriale direi di sì, questo forse è anche più ampio come tema perché è una diversificazione, direi tailor made, un po' misura per misura per ogni impresa che deve identificare qual è il suo processo in un sistema che non ha ancora dei marcatori precisi, dobbiamo andare nella direzione di avere comprensione di cosa stiamo affrontando, di cosa abbiamo bisogno e di come possiamo applicarlo. Siamo agli inizi con un sistema paese che ha delle grandi potenzialità ma deve riuscire a svilupparle, altrimenti come dicono all'isola d'Elba "siamo del gatto", cioè gli altri arrivano prima di noi e quando si arriva prima in queste cose qua il secondo è nessuno, noi dobbiamo far sì che non ci vada male per nulla e quindi si abbia la possibilità in realtà, parlando seriamente, di prendere tutto quello che di buono ci offre un sistema che sta evolvendo con una rapidità, con un'assoluta enorme rapidità, rispetto a quanto veniva procrastinato nelle decisioni e in qualche modo però con consapevolezza già alcune decine di anni fa, il tema qui si allargherebbe oltre a quello che questa intervista ci consente.
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