22 Giugno 2021
Il Governo spagnolo ha approvato in Consiglio dei Ministri i decreti d'indulto parziale per i nove leader separatisti della Catalogna condannati al carcere dopo il tentativo di secessione del 2017. Lo annuncia il governo spagnolo confermando quanto anticipato il 21 giugno dal premier Pedro Sanchez.
"Con questa azione, facciamo uscire materialmente nove persone dal carcere, ma aggiungiamo simbolicamente milioni e milioni di persone alla convivenza", ha detto il Primo ministro in un discorso tenuto a Barcellona al Gran Teatre del Liceu, in cui ha illustrato la sua visione per il futuro della regione. All’incontro erano presenti diverse centinaia di rappresentanti della società civile ma nessuna figura di primo piano del movimento indipendentista, che fuori dal prestigioso teatro dell’opera di Barcellona ha manifestato contro il premier socialista chiedendo l’amnistia.
Mentre Sanchez parlava di speranze per "uno spirito di dialogo e concordia", i manifestanti separatisti a Barcellona hanno chiesto a gran voce un nuovo referendum sull'indipendenza e i partiti di opposizione a Madrid hanno minacciato di contestare la grazia in tribunale. "Per raggiungere un accordo, qualcuno deve fare il primo passo. Il governo spagnolo farà il primo passo ora", ha detto il premier spagnolo. Per concludere: "Catalogna, catalani vi amiamo".
Il capo del governo separatista catalano, Pere Aragones, ha affermato che le grazie sono state un gradito primo passo per avviare un dialogo, ma le hanno considerate insufficienti, promettendo di proporre un nuovo referendum con l'autorizzazione del Governo. "Madrid corregge una sentenza ingiusta della Corte suprema", ha detto ai giornalisti, affermando "Votare non è un crimine".
La mossa di Madrid, però, potrebbe essere un'arma a doppio taglio. Non mancano le critiche da parte dell'opinione pubblica spagnola, polemiche che i partiti di opposizione stanno appoggiando con decisione. "La pacificazione non è un'opzione, è solo un rinvio che conferisce nuova forza alla minaccia", ha detto il leader conservatore del Partito popolare Pablo Casado dopo l'annuncio di Sanchez. Inoltre, i sondaggi suggeriscono che circa il 60% degli spagnoli è contrario alla liberazione di politici e attivisti.
Il sentimento separatista in Catalogna si è rafforzato soprattutto negli ultimi vent'anni, alimentato dalla recessione economica globale e da un clima politico sempre più polarizzato. Molti catalani, nonostante la relativa ricchezza e autonomia della regione, sentivano di pagare troppe tasse e di essere ignorati dalle autorità centrali.
Nell'ottobre 2017 il governo della Catalogna aveva approvato un referendum sull'indipendenza nonostante i ripetuti avvisi da Madrid. Secondo la Corte Suprema, infatti, il referendum era totalmente illegale e violava la Costituzione. Il giorno del voto, la maggior parte degli elettori unionisti non si è presentato alle urne, mentre 2 milioni di elettori hanno votato per la secessione, quasi la metà dell'elettorato attivo. A seguire, l'arrivo della polizia aveva portato a un'escalation della violenza tra forze dell'ordine e separatisti, causando centinaia di feriti.
Il 27 ottobre il Parlamento catalano ha dichiarato l'indipendenza, ma non è riuscito a ottenere alcun sostegno internazionale. Mentre l'allora presidente regionale, Carles Puigdemont, e alcuni soci fuggivano dal paese, mentre una dozzina di leader del movimento separatista furono arrestati. Nel 2019, la Corte Suprema spagnola ha giudicato 12 individui colpevoli di diversi crimini, tra cui sedizione, uso improprio di fondi pubblici e disobbedienza alle autorità. Tra questi, nove erano stati condannate a lunghe pene detentive, mentre tre ottennero di pagare solo una multa. Con la decisione del Governo spagnolo si chiude questo capitolo anche per i nove condannati. Non saranno più detenuti in carcere ma, rivela la stampa spagnola, è molto probabile che saranno interdetti dal ricoprire ruoli pubblici per molti anni.
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