15 Dicembre 2025
Machado Fonte: LaPresse
Maria Corina Machado è arrivata a Oslo in 16 ore dopo un’operazione clandestina che l’ha portata fuori dal Venezuela a bordo di una barca da pesca, partita da un villaggio costiero e diretta verso Curaçao, prima di salire su un volo per la Norvegia. Un’uscita dal Paese organizzata in segreto, con travestimenti e depistaggi, per consentirle di ritirare il Premio Nobel per la Pace.
Il racconto dell’operazione arriva da Bryan Stern, veterano delle Forze Speciali statunitensi e capo della Grey Bull Rescue Foundation, l’organizzazione che ha pianificato e realizzato l’estrazione della leader dell’opposizione venezuelana. Le condizioni, ha spiegato, erano estreme. “C’erano onde alte dai 5 ai 6 piedi, forse anche più grandi, e stavamo facendo tutto questo nel cuore della notte. Era completamente buio, quasi senza luce lunare. Eravamo tutti molto freddi e bagnati”.
La traversata è avvenuta su una piccola imbarcazione da pesca, in acque considerate ad alto rischio anche per la presenza di operazioni militari statunitensi contro il narcotraffico. Eppure, secondo Stern, Machado ha mantenuto sangue freddo e lucidità per tutta la durata del viaggio. “Se l’è cavata benissimo. La chiamano la Iron Lady per un motivo”.
L’operazione, ribattezzata “Operation Golden Dynamite”, è stata definita da Stern come la più complessa mai affrontata dalla sua organizzazione, che ha condotto oltre 800 missioni di evacuazione. “È di gran lunga la persona di più alto profilo che abbiamo mai salvato”, ha detto.
Machado, vincitrice del Nobel per la Pace per la sua guida dell’opposizione al regime di Nicolás Maduro, ha confermato di aver ricevuto aiuti per lasciare il suo rifugio segreto in Venezuela e raggiungere l’Europa. Stern ha però precisato che l’operazione non è stata finanziata dal governo degli Stati Uniti. “È stata pagata da una serie di donatori anonimi. Il governo Usa sapeva cosa stava succedendo, ma non era direttamente coinvolto”. E ha aggiunto: “Non siamo stati ingaggiati da nessuno del governo degli Stati Uniti. Non ho mai ricevuto un biglietto di ringraziamento, figuriamoci un dollaro”.
La pianificazione è iniziata il 5 dicembre, con un obiettivo chiaro: arrivare in tempo alla cerimonia del Nobel. “Volevamo davvero portarla alla cerimonia in orario, ma c’erano molti ostacoli”, ha spiegato Stern. Tra questi, la necessità di camuffare Machado per evitare di essere riconosciuta. “Il suo volto era un problema, perché è la persona più famosa del Venezuela al di fuori di Maduro”. Secondo Stern, il regime utilizzava anche sistemi di riconoscimento facciale per rintracciarla. “Lo chiamano la ‘Caccia a Maria’, come noi parleremmo della ‘Caccia a Bin Laden’”.
Per questo, l’operazione ha fatto largo uso di inganni e compartimentazione delle informazioni. “Abbiamo dovuto usare molta deception, persino con alcuni membri del suo stesso team”, ha detto Stern, senza entrare nei dettagli dei travestimenti utilizzati.
Il primo incontro tra Stern e Machado è avvenuto direttamente in mare. “L’ho incontrata per la prima volta in mare. Ha preso un piccolo motoscafo da un villaggio di pescatori ed è stata trasferita sulla barca da pesca su cui mi trovavo”. La partenza, prevista inizialmente al mattino, è stata ritardata a causa di un guasto al motore. Quello che doveva essere un viaggio di tre o quattro ore si è trasformato in un’odissea di circa 16 ore.
La destinazione marittima era Curaçao, isola autonoma dei Paesi Bassi a circa 40 miglia dal Venezuela. Stern ha chiarito: “Direi che siamo transitati da Curaçao. Lei non era a Curaçao. Non ha mai superato l’immigrazione”. Da lì, Machado è salita su un volo che l’ha portata in Norvegia, dove è infine arrivata a Oslo.
Per Stern, l’ammirazione per la leader venezuelana è evidente. “Ammetto di essere emozionato. È un’eroina per me”.
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