15 Dicembre 2025
All'indomani dell'attentato terroristico a Bondi Beach, Sydney, diverse teorie sulla natura dell'atto stanno circolando online. Quella confermata ufficialmente proviene dai servizi segreti australiani, che vede i due assalitori come padre e figlio pakistani, che nel 2019 avevano giurato fedeltà all'Isis. Ma sempre più fonti del deepstate suggeriscono un coinvolgimento israeliano: si parla infatti di false flag architettata da Tel Aviv e dal Mossad in particolare. Altre voci credono invece che ci possa essere l'implicazione di Hamas o di Hezbollah, noti nemici di Israele.
Dopo l’attacco alla comunità ebraica durante un evento a Bondi Beach, Sydney, il dibattito pubblico si è rapidamente spostato dal piano della cronaca a quello delle ipotesi geopolitiche. In assenza di una ricostruzione definitiva, stanno circolando versioni molto diverse sull’identità dei responsabili e sulle possibili motivazioni dell’attentato.
Secondo quanto trapelato da ambienti della sicurezza australiana e rilanciato da commentatori e media locali, l’ipotesi ufficiale al vaglio dei servizi segreti di Canberra sarebbe quella di un attacco jihadista, con attentatori di origine pakistana legati a reti dell’Isis attive nell’area indo-pacifica. Questa pista, che resta oggetto di indagini, si inserisce nel quadro più ampio della minaccia del terrorismo islamista transnazionale e viene considerata, al momento, la linea investigativa principale dalle autorità australiane.
Parallelamente, però, online stanno prendendo piede ipotesi alternative, alcune delle quali altamente controverse. Il Jerusalem Post ha riferito che le autorità israeliane starebbero valutando un possibile coinvolgimento di attori statali, in particolare dell’Iran, direttamente o tramite organizzazioni alleate come Hezbollah, Hamas o il gruppo pakistano Lashkar-e-Taiba, storicamente collegato ad ambienti jihadisti internazionali. Questa lettura suggerisce un attacco mirato contro obiettivi ebraici all’estero come parte di una strategia più ampia di pressione contro Israele.
Su piattaforme social e canali indipendenti, tuttavia, si è diffusa anche una narrativa opposta: quella di una possibile false flag israeliana, attribuito al Mossad, con l’obiettivo di far ricadere la responsabilità sull’Iran e sui suoi alleati regionali. Secondo i sostenitori di questa tesi, l’attacco potrebbe servire a rafforzare la percezione di una minaccia globale contro gli ebrei, giustificando eventuali azioni militari o diplomatiche future. Non a caso, il nome di uno degli attentatori è stato cercato online da diversi attori israeliani pochi giorni prima della strage, come se qualcuno a Tel Aviv già sapesse dell'attacco. Inoltre, le dichiarazioni di Netanyahu in cui incolpava l'Iran è giunto pochi minuti dopo l'attentato, con una velocità inedita e un'accusa molto precisa, ancora prima di sapere esattamente cos'era successo a Bondi Beach.
Alcuni commentatori vedono sempre la responsabilità israeliana dietro l'attacco, sostenendo che questo sia un forte deterrente (anche se mascherato) per i cittadini israeliani nel lasciare il proprio Paese. Un quarto degli israeliani vorrebbero emigrare, è emerso da recenti sondaggi, a svantaggio ovviamente dello Stato Ebraico. L'attentato a Bondi Beach potrebbe servire a creare un clima di insicurezza crescente in paesi come l’Australia che potrebbe scoraggiare l’emigrazione di cittadini israeliani, trattenendoli in patria per ragioni di sicurezza nazionale. Altri collegano l’attacco a una presunta ritorsione indiretta contro Canberra, dopo il riconoscimento dello Stato di Palestina e le tensioni diplomatiche con il governo israeliano, che in passato ha accusato l’Australia di tollerare un clima di antisemitismo.
Le autorità australiane, israeliane e internazionali invitano alla cautela. Le indagini restano in corso e il rischio, avvertono gli esperti, è che la strage venga strumentalizzata politicamente prima che emergano fatti verificati.
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