A Gaza si muore anche di fame. Non solo per i bombardamenti, ma per l’assenza cronica di cibo e cure. Lo ha raccontato Alessandro Migliorati, capoprogetto di Emergency a Deir al-Balah, dove l’organizzazione italiana è attiva per fornire assistenza sanitaria alla popolazione palestinese. "Distribuiamo panetti sublinguali. Non è vero pane, ma qualcosa da mettere sotto la lingua che rilascia calorie. È cibo ridotto a trattamento medico".
Un gesto che rivela la gravità della crisi umanitaria: lo staff locale è stremato e il minimo supporto alimentare non arriva o arriva in forma del tutto insufficiente.
A peggiorare la situazione è la Gaza Humanitarian Foundation (GHF), l'unica associazione autorizzata a distribuire aiuti umanitari, ma che già dalla sua nascita aveva in sé il progetto di affamare i palestinesi per poi facilitare la deportazione di questi verso il sud della Striscia. "È un’organizzazione umanitaria che conta più di 800 morti nella distribuzione del cibo”, ha denunciato Migliorati. "Distribuzione fatta dietro filo spinato, dove la gente cade e si spara sulla folla: è impensabile".
Migliorati ha denunciato anche l’uso sistemico della fame come arma di guerra: "Non succedeva dai tempi del Vietnam o in alcune aree dimenticate dell’Africa. È un crimine".
Intanto Emergency continua a operare in condizioni estreme a Deir al-Balah e a Khan Younis: tende da campo sotto 45 gradi, senza acqua potabile né sapone, con infezioni diffuse e scarsità assoluta di farmaci.