17 Gennaio 2025
Paolo Capone, Segretario Generale UGL, in occasione dell'evento “Violenza sugli operatori sanitari. Un bollettino di guerra”, organizzato da ONSIP, Organismo Nazionale Professionisti Sicurezza & Privacy in collaborazione con il sindacato UGL Salute ha dichiarato:
"Rispetto al problema delle aggressioni che nel mondo della sanità stanno evidenziando quotidianamente una difficoltà e una rottura del patto sociale che c'è tra cittadini e coloro che lavorano per questi cittadini soprattutto nel sistema di cura ma vale anche nel sistema della sicurezza, quello che sta succedendo nei confronti dei carabinieri per esempio. Ci sono elementi di riflessione che ci devono portare a pensare quali sono le responsabilità e quali sono le soluzioni sulle responsabilità rispetto alle forze dell'ordine. Gli attacchi sono preordinati eterodiretti, non c'è dubbio. Più inquietante invece il caso della sanità degli operatori sanitari che sono colpiti quotidianamente da eventi violenti. E qui non c'è nessuna eterodirezione. Qui c'è evidentemente una errata comprensione del lavoro che si svolge, delle priorità che ci sono nei pronti soccorsi. Allora bisogna intervenire sicuramente con pronti soccorsi più accoglienti. Probabilmente bisogna far rimettere in moto la sanità di prossimità che toglie file nei pronti soccorsi e bisogna fare una riflessione ancora più complessiva su una società che deve essere coesa e questo è compito anche delle organizzazioni sindacali."
Le aggressioni sono alte anche in Lombardia.
"Non c'è differenziazione in nessuna parte d'Italia, quindi se avessimo localizzato la difficoltà soltanto in alcuni territori magari a maggiore infiltrazione di malavita potevamo pensare che fosse un fatto localizzato lontano dalla Lombardia, dal Piemonte, dal Veneto; invece avvengono dovunque, quindi si è interrotto quel patto di solidarietà tra chi fornisce le cure e chi le riceve. E su questo bisogna intervenire anche con un fatto culturale ripensando anche la comunicazione che all'interno dei pronti soccorsi avviene. Mi rendo conto che è una cosa complessa ma va arginato il fenomeno anche con presìdi di forze dell'ordine: ovviamente non c'è dubbio che lasciare i pronti soccorsi soprattutto la notte e in alcuni quartieri senza un presidio delle forze dell'ordine è uno dei problemi che facilita l'insorgere di casi di violenza."
Quali pensa che possano essere le cause principali?
"C'è stata una prima rottura prima e dopo il Covid, una parte di popolazione in maniera immotivata o con i loro motivi ha considerato tutta la partita del Covid una forzatura, un intervento dei medici e degli infermieri come coercizione sulla propria salute e questo è stato è un tema sul quale però va fatta chiarezza sicuramente con con quello che il Parlamento sta facendo: ha istituito una Commissione di inchiesta ed è fondamentale comprendere quali saranno i risultati ma gli operatori hanno fatto gli operatori, ognuno deve fare il mestiere suo e lo deve fare rispettando sicuramente la propria coscienza ma rispettando anche gli ordini che gli vengono impartiti. L'altra causa è quella è probabilmente una comunicazione sbagliata tra chi sta nel pronto soccorso e chi ricorre al pronto soccorso per le proprie cure. C'è anche un'altra difficoltà che è data proprio dalla logistica dei pronti soccorsi: spesso sono messi nella parte più scomoda dell'ospedale più accessibile dai mezzi del soccorso ma si fa attenzione più alla residenzialità che non ai luoghi di passaggio, ecco quei luoghi di passaggio dovrebbero essere resi più comodi, probabilmente più accoglienti e anche magari con del personale che spiega all'esterno quello che sta succedendo al proprio caro o al proprio congiunto o al proprio parente dentro le sale del pronto soccorso."
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