23 Febbraio 2024
Fabio Vaccarono, in occasione del Forum in Masseria 2024 organizzato da Bruno Vespa, e nel contesto del panel sulla "semplificazione normativa e intelligenza artificiale per una governance efficacie e un'industria competitiva in Italia e in Europa", ha dichiarato:
"Intanto, grazie alla tecnologia, non è vero che si lavora senza aver mai visto un insegnante, ma semplicemente il modello di interazione è diverso. Oggi in Spagna, un paese che noi ci ostiniamo a considerare simile a noi e che invece dal punto di vista dell'innovazione tecnologica e digitale ci ha superati abbondantemente ormai 10/15 anni fa, non solo vi sono il 20% di laureati che vengono da università digitali, ma abbiamo un tasso di innovazione e digitalizzazione della Spagna che è circa il doppio rispetto a qualsiasi parametro italiano. Aggiungo peraltro che poi nel modello di erogazione dei contenuti universitari tradizionali le dinamiche di frequenza e di interazione con il docente statisticamente sono spesso sopravvalutate. Questo perché? Perché il nostro è un Paese di persone che vivono in provincia, dove in un caso su due le persone sono dei fuorisede.
Quindi il mio punto è che sono due modelli diversi, assolutamente validi, ma non ci possiamo permettere di non investire significativamente in tutti e due perché le competenze, l'intelligenza, la preparazione, il talento e il numero di persone che hanno studiato sarà decisivo per garantire prosperità, e in un paese fanalino di coda su tutte le statistiche dell'istruzione superiore, dobbiamo mettere in campo ogni possibile leva per portare gli italiani all'università laddove desiderino seguire un modello di insegnamento, ma al contempo per portare l'università a casa degli italiani.
Perché credete che con 18 milioni di diplomati noi stiamo scrivendo la ricetta per una ecatombe sociale? Perché i Paesi che hanno portato l'università nella vita, nelle teste e nell'esperienza dei propri cittadini saranno dei Paesi che cercheranno a volte con successo, a volte no, di controllare dei fenomeni di trasformazione e di innovazione. Un Paese invece come il nostro che non rende più inclusiva l'università anche grazie alla tecnologia, anche nei confronti di quelle enormi fasce di popolazione che magari lavorano e già non hanno alternative, è un Paese che si candida a vivere solo e soltanto tutto il peggio possibile dell'intelligenza artificiale, della trasformazione digitale.
Quindi il mio appello quasi accorato è che bisogna unire le forze, una modalità non sostituisce l'altra. Le statistiche sui risultati, i concorsi pubblici, le statistiche sui confronti internazionali, ci dicono che il modello di didattica interattiva è assolutamente adeguato allo spirito dei tempi e spesso anche migliore. Prova ne sia il fatto che poi queste persone che escono dell'università vanno a lavorare in aziende che sono molto fortemente digitalizzate nelle loro modalità di interazione. Quindi non dobbiamo temere la tecnologia, dobbiamo utilizzarla per colmare e risolvere un ritardo che, nel caso del nostro Paese, è diventato insostenibile anche in virtù di un carico e di una dinamica demografica non certo favorevole.
Adesso, al di là dei singoli casi su cui è difficile commentare, se guardiamo i numeri, i numeri sono talmente grandi che oggi gli utenti delle università digitali, che sono in forte crescita in Italia come tutti gli altri Paesi che in qualche modo si modernizzano, sono larghissimamente dei lavoratori. L'età media, un'età più alta rispetto agli utenti delle università tradizionali. Sono persone che operano all'interno del privato e che a un certo punto della loro esistenza si rendono conto del fatto che studiare per conseguire quantomeno un diploma di laurea triennale, poi magari proseguendo, è uno strumento intanto di sviluppo e qualificazione personale, ma dall'altro è anche una leva che permette loro di costruire una carriera più importante.
Come abbiamo visto, chi consegue la laurea triennale in questo Paese ha un tasso di occupazione dell'85%. Si sono susseguite negli anni in questo Paese delle opinioni secondo le quali tutto sommato la laurea non servisse. La domanda, è se la laurea non serve, perché paesi ai quali noi pretendiamo di voler continuare ad assomigliare, come la Francia, la Germania, l'Inghilterra, la Spagna, non solo hanno il doppio dei laureati che abbiamo noi, ma si fissano anche dei parametri più alti? Possiamo noi permetterci di essere una mosca bianca in un processo epocale che chiede sempre più competenze e sempre più manutenzione?"
Fabio Vaccarono è Presidente, AD e Direttore Generale di Multiversity srl, AD di Università Telematica Pegaso Spa e Università Telematica Pegaso srl, Presidente e AD di Pegaso Management srl e AD di Universitas Mercatorum.
Già Vice President di Google, Managing Director di Google Italy, e membro di Google EMEA Management Board, in precedenza Vaccarono ha ricoperto diversi incarichi da Amministratore Delegato e Direttore Generale, dal Gruppo Editoriale L’Espresso - Manzoni, al Gruppo Sole 24 Ore, in RCS Mediagroup, ed è stato CEO di Starcom Mediavest, società di Publicis Groupe.
Dopo la laurea in Economia, e un MBA all'Università Bocconi, ha lavorato nella società di consulenza strategica Bain&Company.
E’ inoltre membro del Cda del Gruppo Sole 24 Ore, di AmCham Italy, dell’Advisory Board di Sorgenia, della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano, e del Comitato Scientifico della Fondazione Mattei.
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