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Trump, l’Europa dei “volenterosi” e il doppio fronte Ucraina–Medio Oriente: i fili nascosti della nuova geopolitica USA

La strategia USA 2025 ridisegna gli equilibri globali, mentre l’Europa si agita tra ambizioni proprie e dipendenze antiche. Russia e Medio Oriente tornano variabili decisive, oltre le semplificazioni mediatiche.

13 Dicembre 2025

Trump, l’Europa dei “volenterosi” e il doppio fronte Ucraina–Medio Oriente: i fili nascosti della nuova geopolitica USA

Donald Trump

Un’Europa che recita l’indipendenza, ma con fili ben visibili

La polemica fra Trump e i leader europei è stata presentata come un atto di emancipazione del Vecchio Continente. In realtà, dietro la teatrale affermazione di autonomia, i fili del potere restano saldamente nelle mani delle élite neocon e liberal statunitensi, storicamente ostili alla visione trumpiana di una dottrina Monroe 2.0, meno interventista e più concentrata sugli equilibri interni agli USA. L’Europa appare così non un soggetto strategico, ma uno strumento di pressione usato per sabotare ogni tentativo di Washington di ripensare il proprio ruolo imperiale.

La rivoluzione strategica americana e la marginalizzazione dell’Europa

La nuova National Security Strategy 2025 segna una svolta: l’Europa viene relegata ai margini, mentre la Russia è indicata non più come un nemico esistenziale bensì come un possibile partner, e la Cina come un concorrente gestibile, senza più la retorica bellicista del passato. Nel Medio Oriente, gli USA dichiarano chiusa l’epoca dell’ossessione permanente: un messaggio che preoccupa Israele e ridimensiona le attese di chi, in Europa, continua a puntare su una politica di potenza “per procura”.

Israele, Ucraina e la strategia delle guerre parallele

Le operazioni quasi simultanee contro gli aeroporti russi e contro l’Iran mostrano una regia coordinata. Le tattiche – droni assemblati clandestinamente, infiltrazioni profonde, attacchi a infrastrutture strategiche – presentano somiglianze troppo nette per essere casuali. Secondo vari analisti americani, si intravede il lavoro di un coordinamento sovranazionale che non coincide né con la linea ufficiale di Trump né con quella di Israele, ma con gli apparati che temono una distensione Washington–Mosca–Teheran. Apparati che vedono nella pace un rischio e nella guerra una risorsa di potere.

Trump, Zelensky e una guerra ucraina che rischia di sfuggire di mano

Il presidente americano, consapevole che il tempo politico corre verso le midterm, ha imposto un ultimatum al presidente ucraino Zelensky: accettare il piano di pace, senza ulteriori revisioni europee. La crisi interna di Kiev – indebolita da scandali e purghe – rende difficile resistere. Gli europei però, soprattutto Francia, Germania e Regno Unito, puntano a tirare in lungo nella speranza che un eventuale ridimensionamento di Trump restituisca loro margine d’azione.

Il ruolo italiano: ponte possibile o illusione diplomatica?

La premier Giorgia Meloni, pur fedele alla linea di sostegno all’Ucraina, ha mantenuto una postura più prudente dei “volenterosi”. Per questo Zelensky la considera un interlocutore affidabile, mentre Washington la vede come un potenziale ponte verso l’Europa. Ma la realtà è più complessa: l’Italia ha promesso aiuti (anche solo civili), ha aderito per due anni alla narrativa della vittoria a ogni costo e ora fatica a presentarsi come mediatrice neutrale. Soprattutto perché la nuova strategia USA, molto dura con l’Europa, lascia poco spazio alle sfumature: Trump vuole chiudere, rapidamente, e non appare disposto a rinegoziare.

Russia, la variabile decisiva che l’Europa continua a fraintendere

Nel tentativo di allungare la guerra, i principali alleati europei dimostrano di non aver compreso che la Russia non è più l’avversario di ieri: è un attore centrale, capace di reggere conflitti prolungati, di riallinearsi con l’Asia e di ridefinire il suo ruolo globale. Ogni piano di pace realistico dovrà riconoscere questa nuova realtà multipolare. È ciò che gli apparati americani più ostili a Trump temono, ed è ciò che molti leader europei fingono di non vedere.

Un mondo che cambia mentre l’Europa resta ferma

Il conflitto fra Europa e Stati Uniti non riguarda solo l’Ucraina, né tantomeno il Medio Oriente: riguarda la fine dell’unipolarismo. Trump, con tutte le sue contraddizioni, tenta di adattare l’America a un mondo multipolare; l’Europa, invece, prova a conservare un sistema che non esiste più, aggrappandosi alle vecchie certezze atlantiche. Finché non accetterà questa trasformazione, il continente resterà un attore reattivo, non protagonista. E in questo scenario, la Russia – piaccia o no – è tornata a essere una variabile imprescindibile, non un accessorio geopolitico.

 

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