08 Settembre 2025
Carcere di Sde Teiman, fonte: X, @max1ci6
Una "vittoria cruciale per lo stato di diritto e la dignità umana": così Noa Sattath, direttrice dell'Associazione per i Diritti Civili in Israele (ACRI) ha definito la sentenza con cui la Corte Suprema israeliana ha stabilito che il Governo del Paese fornisce una quantità di cibo insufficiente ai detenuti palestinesi e che dunque dovrà aumentare quantità e qualità.
Un rarissimo esercizio di moderazione legale da parte della magistratura israeliana, considerato che negli oltre 20 mesi di guerra israelo-palestinese molto raramente ha contestato le azioni del Governo di Netanyahu. Ciò che però conferma ora la sentenza di domenica 7 settembre è qualcosa che era sotto gli occhi di tutti già da tempo: Israele non usa il cibo come arma solo in campo di guerra ma anche all'interno delle stesse carceri dove i detenuti palestinesi sono stati privati persino del regime alimentare minimo di sussistenza. Negli ultimi tempi, il tema del cibo si è imposto con urgenza dopo che centinaia di testimonianze hanno denunciato le condizioni disumane nelle carceri israeliane. Ieri con un voto di due a uno, i giudici hanno dunque ordinato che ai prigionieri palestinesi classificati come "di sicurezza" venga garantita una alimentazione sufficiente a "consentire loro un'esistenza di base".
Detenuti spesso accusati di avere legami coi militanti di Hamas o di essere un pericolo per la sicurezza di Israele. Detenuti che spesso rimangono in prigione senza accuse e senza processo, anche per lunghi periodi, il tempo sufficiente per poter raccontare, quando fuori, le condizioni brutali e gli abusi sistematici perpetrati dalla polizia israeliana. Condizioni (tra cui sovraffollamento, violenza, cure mediche insufficienti, epidemie di scabbia) ormai al centro di denunce da parte di organizzazioni locali ed internazionali che hanno affermato come la volontà di privare cibo ai palestinesi sia diventata a tutti gli effetti una "politica sistematica". Lo stesso Ben Gvir, Ministro della sicurezza nazionale, non ha mai nascosto le misure punitive dicendosi orgoglioso di aver ridotto in qualità e quantità il cibo ai detenuti di Gaza e Cisgiordania.
Tuttavia, ha ricordato la giudice Daphne Barak Erez, "la fornitura di cibo non può essere usata come mezzo di punizione". I documenti depositati dall'ACRI, la cui petizione - presentata lo scorso anno - è stata accolta dalla Corte insieme a quella dell'organizzazione Gisha, hanno dimostrato come la dieta approvata sulla carta (2300 calorie al giorno) corrispondesse in realtà a porzioni ridotte e totalmente insufficienti, oltre che dal basso apporto calorico. Almeno 61 sono i detenuti palestinesi morti dall'inizio della guerra. Ben Gvir si è scagliato contro la sentenza della Corte: "Siete israeliani?" ha chiesto ai giudici accusandoli di "difendere i terroristi" mentre "i nostri ostaggi languono nei tunnel di Gaza senza nessuna protezione". A seguito del verdetto, l'ACRI ha chiesto alle autorità la sua applicazione immediata: "Uno Stato non deve affamare le persone. Le persone non devono affamare le persone, indipendentemente da ciò che hanno fatto".
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