Una tregua di 10 ore in tre zone della Striscia di Gaza è stata annunciata nella giornata di domenica 27 luglio dall’esercito israeliano, che ha parlato di una “pausa tattica” per consentire l’ingresso di aiuti umanitari. Le aree coinvolte sono state al-Mawasi, Deir el-Balah e Gaza City, dalle 10 alle 20 (ora italiana).
Ma la realtà sul campo racconta una storia ben diversa: 38 palestinesi sono stati uccisi solo ieri, 24 dei quali erano in fila per ricevere gli aiuti, colpiti mentre cercavano disperatamente un sacchetto di farina.
L’IDF ha dichiarato di aver lanciato nella notte sette pacchi di aiuti contenenti farina, zucchero e cibo in scatola. Sette pacchi per 2,2 milioni di persone affamate.
Nel frattempo, 9 persone sono morte per denutrizione nelle ultime 24 ore, tra cui 3 neonati. Il governo palestinese ha parlato apertamente di "uccisione di massa pianificata" tramite la fame. "Israele usa la carestia come arma", si legge nel comunicato.
Nonostante i proclami dell’esercito israeliano sull’“impegno umanitario”, l'effettivo accesso al cibo rimane bloccato, militarizzato e pericoloso. I “percorsi sicuri” per i convogli dell’ONU non proteggono né garantiscono che gli aiuti raggiungano chi ne ha più bisogno.
Secondo Israele, 120 camion provenienti dall’Egitto sarebbero entrati tra domenica 27 e lunedì 28 luglio nella Striscia. Circa 69 camion sono stati assaliti e saccheggiati dalle bande criminali di Abu Shabab.
La Gaza Humanitarian Foundation, organizzazione controversa gestita da contractor americani, ha distribuito, nelle scatole degli aiuti, biscotti, succhi, datteri, miele, zucchero, lenticchie, fagioli, riso, olive, olio, uvetta e formaggio feta. Nessun genere di vera prima necessità: niente acqua, farina, latte, latte in polvere, omogenizzati.