04 Agosto 2023
Mancano 48 ore. Il 31 luglio Ecowas (la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) aveva dato 7 giorni di tempo alla giunta militare del generale Abdourahamane Tchiani per scarcerare il presidente Mohamed Bazoum dopo il colpo di Stato in Niger. In vista della scadenza dell'ultimatum di domenica 6 agosto, però, le trattative diplomatiche sembrano destinate al fallimento. E l’intervento militare appare sempre più probabile.
Sinora gli sforzi diplomartici sembrano essere del tutto vani, se è vero che nel frattempo i capi di Stato maggiore dei Paesi membri di Ecowas, riuniti da mercoledì scorso ad Abuja, stanno completando il piano di intervento militare in Niger in vista della scadenza dell’ultimatum. Secondo quanto riferiscono fonti militari citate dall’emittente Rfi, nonostante le mediazioni dell’ultimo minuto dalla delegazione Ecowas, che si è recata a Niamey, i capi di Stato maggiore hanno continuato il loro lavoro per definire il concetto di operazione nei dettagli. L’azione dovrebbe mobilitare migliaia di soldati forniti, tra gli altri, da Senegal, Ghana, Benin e Nigeria. E proprio il presidente nigeriano Bola Tinubu ha inviato una lettera al Senato chiedendo il suo sostegno all’eventuale intervento militare in Niger e il blocco totale delle rotte marittime e aeree verso il Paese. Il documento è stato letto in seduta plenaria dal presidente del Senato, Godswill Akpabio.
Bazoum, nel frattempo, ha sollecitato “l'aiuto del governo degli Stati Uniti e dell'intera comunità internazionale per ripristinare il nostro ordine costituzionale”, esprimendo apprezzamento per “le forti e inequivocabili condanne” espresse da Stati Uniti, Unione africana, Unione europea ed Ecowas. “Questo colpo di stato deve finire e la giunta deve liberare tutti coloro che ha arrestato illegalmente”. Bazoum ha quindi messo in guarda sulle “conseguenze devastanti” che avrebbe nella regione il successo del golpe a Niamey, affermando che “nella travagliata regione africana del Sahel, il Niger rappresenta l'ultimo baluardo del rispetto dei diritti umani”.
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