17 Novembre 2022
Neanche il premier Usa Joe Biden vuole avere a che fare più con Zelensky. Quest'ultimo ieri sera dichiarava: "Non ho nessun dubbio che il missile non fosse nostro" tirandosi via dalla vicenda. Le prove però dicono altro, lo sa lui e lo sa Biden che di ritorno alla Casa Bianca dal G20 di Bali dice nettamente: "Non è quello che dicono le prove".
Zelensky ha spiegato di aver ricevuto rapporti in tal senso da parte delle Forze armate e l'aviazione e di "non poter far altro che fidarmi di loro", precisando nel consueto video serale che la posizione ucraina "è molto trasparente". "Vogliamo stabilire tutti i dettagli, ogni fatto. Ecco perché abbiamo bisogno che i nostri esperti si uniscano all'indagine internazionale e abbiano accesso a tutti i dati disponibili ai nostri partner oltre che al sito dell'esplosione".
Le parole di Biden non sono una novità dato che anche nella mattinata di ieri mercoledì 16 novembre aveva frenato sull'ipotesi di un attacco deliberato russo, spiegando: "Non voglio dirlo finchè non avremo indagato completamente, ma è improbabile, nelle linee della traiettoria, che il missile sia stato sparato dalla Russia".
Dall'Ucraina però continuano a non sentirci, e Kuleba, ministro degli esteri ha chiesto con urgenza un vertice della Nato. Per Kuleba la risposta "alle azioni russe" dovrebbe essere "dura e fondata sui principi". Richiesta la presenza di Kiev per "elaborare altre azioni congiunte per cambiare il ritmo dell'escalation". Poi il solito immancabile richiamo alle armi Kuleba con la consegna di caccia modello F15 e F16 perchè "oggi proteggere i cieli dell'Ucraina significa proteggere la Nato".
"La Russia ora sta promuovendo una teoria complottista secondo la quale sarebbe un missile della difesa aerea ucraina ad essere caduto nel territorio polacco. Questo non è vero", ha continuato su twitter. "Nessuno dovrebbe accettare la propaganda russa o amplificarne il messaggio, questa lezione l'avremmo dovuta imparare sin dall'abbattimento del volo 17 della Malaysia Airlines".
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