24 Agosto 2021
Fonte: lapresse.it
Sui rifugiati in arrivo dall'Afghanistan l'Europa si divide. Non è la prima volta, già nel 2015 l'emorragia di profughi siriani aveva scatenato delle lotte interne tra paesi pronti a chiudere i confini, e altri che denunciavano il fatto di "essere lasciati soli". Questo agosto 2021 fatto di crisi climatiche e crisi economiche, nonché da chiusure dovute alla pandemia, sembra ora approdare a una terza crisi, quella del ritiro dall'Afghanistan dopo 20 anni di investimenti e conflitti.
Negli ultimi mesi, mentre la missione guidata dalla Nato in Afghanistan si preoccupava di organizzare il rientro, 30 mila afgani lasciavano il paese ogni giorno, non tutti ma molti attraverso il confine iraniano. In poche settimane sono saliti in cima alla lista dei richiedenti asilo che cercano di raggiungere la Turchia e poi l'Europa, soppiantando i siriani come il gruppo più numeroso di nuovi migranti in arrivo, anche se il numero complessivo delle migrazioni è diminuito rispetto al picco del 2015.
Ora che i talebani sono al potere, ci sono tutte le premesse che quei numeri aumenteranno ulteriormente. Ciononostante non tutti gli afghani che cercano di lasciare il Paese varcano i confini europei, come accade ai più fortunati coinvolti nei ponti umanitari via aereo. Molti afgani intervistati nelle ultime settimane hanno affermato di aver attraversato il confine con la Turchia in grandi gruppi, a volte centinaia di persone, ma che solo un piccolo numero è riuscito a sfuggire alle guardie di frontiera. Migliaia di afgani sono stati ammassati nella regione di confine in Iran.
L'escalation della violenza in diverse aree del mondo ha già spinto milioni di persone verso la fuga negli ultimi anni dall'Iraq, dalla Siria o da parti dell'Africa. Il tempismo del capitolo finale della guerra in Afghanistan ha lasciato gli afgani in coda, e molto probabilmente senza possibilità di ricorso.
Secondo le leggi dell'Unione Europea, gli afgani evacuati dovrebbero rimanere al massimo 72 ore prima di presentare domanda di asilo nel paese di primo arrivo, o di essere trasferiti in un altro paese dell'Ue. Solo pochi Stati membri, però, si sono impegnati ad accogliere un numero imprecisato di persone. La maggior parte dei governi europei non ha delineato piani concreti per facilitare l'accesso al proprio territorio tramite visti umanitari o ricongiungimento familiare, tra le altre possibili vie sicure e legali. Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha escluso l'ammissione di afgani in arrivo da altri paesi Ue in Austria, citando il "contributo sproporzionatamente grande" del suo Paese nell'ospitare i rifugiati. Allo stesso modo, la Grecia ha affermato che bloccherà l'ingresso degli afgani nell'Ue e hanno annunciato il completamento di un muro di 40 chilometri lungo il confine con la Turchia.
Ad oggi, nessun paese dell'Unione ha promesso numeri concreti per il reinsediamento degli afgani dai paesi di primo arrivo o transito. Il commissario europeo per la migrazione Ylva Johansson ha chiesto ai paesi di aumentare le quote di reinsediamento e di "offrire percorsi legali complementari", mentre la Commissione ha promesso maggiori finanziamenti per sostenere il reinsediamento. Molte dichiarazioni pubbliche di leader e politici europei hanno enfatizzato il mantenimento dei rifugiati afgani nei paesi confinanti con l'Afghanistan e la limitazione del numero di coloro che raggiungono l' Europa.
"Questa retorica rischia di generare o rafforzare un sentimento pubblico negativo verso le persone che necessitano di protezione urgente e va a pesare sulle responsabilità già sproporzionate dei paesi di primo arrivo e transito", ha affermato Human Rights Watch in un recente comunicato.
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