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Generali, il patto di consultazione anti-management verso l’addio

"C'eravamo tanto alleati...": dopo l’uscita di Caltagirone, anche Del Vecchio e Fondazione Crt starebbero valutando sciogliere l’intesa per non incorrere in rilievi da parte di Ivass e Consob, la cui lente è all’opera

09 Febbraio 2022

Generali, il patto di consultazione anti-management verso l’addio

Generali

Il patto di consultazione su Generali tra la Delfin di Leonardo Del Vecchio e la Fondazione Crt potrebbe presto finire definitivamente in soffitta. L’intesa è del resto già moribonda dopo che il suo principale promotore, Francesco Gaetano Caltagirone, ex vice presidente del Leone di Trieste, ne era uscito annunciando l’intenzione di presentare una propria lista di candidati alternativa a quella cui sta lavorando il board uscente, per il rinnovo del cda di Generali, il prossimo 29 aprile. Un’uscita che ha lasciato spiazzati in molti, e che tuttavia gli osservatori ritengono possa essere motivata dal tentativo di evitare di incorrere nei rilievi da parte di Ivass e Consob, le autorità di vigilanza chiamate in causa dal management del gruppo assicurativo.

Sotto la lente di Ivass e Consob

La scorsa settimana Generali aveva infatti chiesto all’Ivass se la quota messa insieme da Caltagirone, Del Vecchio e Crt fosse soggetta ad autorizzazione in base alle regole sull’acquisizione di concerto di partecipazioni qualificate superiori al 10%. Su questo fronte, l’autorità potrebbe decidere di congelare le azioni dei tre soci eccedenti la soglia del 10% e ridurre quindi i diritti di voto, qualora accertasse che c'è stato un concerto. Questo anche se il patto viene sciolto.

Alla Consob, invece, Generali ha chiesto se ci siano obblighi di comunicazione in ordine ai programmi futuri in base alla normativa relativa a chi, anche di concerto, superi il 10% del capitale sociale e se vi siano state asimmetrie informative rilevanti per il mercato. Alcuni quotidiani hanno citato fonti vicine ai pattisti che sottolineavano come il patto fosse già sopra il 10% quando è stato stipulato e come Generali non abbia sollevato obiezioni quando Mediobanca ha aumentato i diritti di voto al 17% dal 13% con un prestito titoli.

Ad ogni modo le due autorità, secondo quanto riporta oggi Il Sole 24 Ore, avrebbero deciso di muoversi in maniera coordinata, con l’intenzione di emettere un verdetto in tempi rapidi. L’iter per le verifiche sarebbe già stato avviato con l’analisi documentale, cui potranno seguire degli approfondimenti faccia a faccia con i protagonisti di questa vicenda. Sotto la lente ci sarebbero vari aspetti, a partire dalle tempistiche ravvicinate con cui i sono state comunicate le dimissioni di Caltagirone e di Romolo Bardin (ad della Delfin di Del Vecchio), ma anche di Sabrina Pucci, consigliere indipendente il cui nome era stato inizialmente accostato a quello della Fondazione Crt.

A Torino si temporeggia

Secondo quanto riportato ieri dalla Reuters, che cita fonti vicine ai protagonisti di questa vicenda, un eventuale addio al patto dipenderebbe proprio dalle valutazioni dei legali. Lo scioglimento, tuttavia, non andrebbe interpretato come rottura nei rapporti tra i tre soci, che restano interessati a un cambio del top management, riferiscono le fonti, che hanno anche osservato che la decisione di Caltagirone di uscire dall’intesa avrebbe consentito all’ingegnere romano di muoversi con più libertà fuori dai vincoli giuridici dell’accordo di consultazione, anche per evitare rilievi da parte dei regolatori sotto il profilo di una possibile concertazione.

Ieri l’ente torinese al termine di una riunione informale degli organi consiliari “nel segno della compattezza e della collaborazione”, ha detto di aver discusso di “ulteriori e ampi aggiornamenti” sulla questione. “Il patto di mera consultazione – si legge in una nota – venne sottoscritto proprio per assicurare, sempre e fin da subito, in piena coerenza con la normativa e disciplina regolatoria, massima correttezza negli scambi informativi con la finalità di ponderare i propri autonomi interessi con riferimento alle materie all'ordine del giorno della prossima assemblea di Generali”.

Le mosse degli azionisti in vista dell’assemblea

Lo scenario in vista dell’assemblea resta comunque aperto. Il group ceo Philippe Donnet, che punta alla riconferma, ha l’appoggio del board uscente, e del primo azionista Mediobanca (con il 17% dei diritti di voto), e di De Agostini, che ha diritti di voto per l’1,4%.

Resta incerta la posizione di Edizione, holding della famiglia Benetton, che ha il 3,97% di Generali. Nell'assemblea di aprile, gli investitori istituzionali che hanno complessivamente circa il 35% e gli azionisti retail con circa il 23% saranno l’ago della bilancia nella nomina del cda. Dalla sua, Donnet può far leva su risultati eccellenti, come ad esempio un total shareholder return del 115%, superiore a quello garantito dai principali competitor Allianz e Axa, secondo i dati Refinitiv, calcolato dal suo primo Investor Day di novembre 2016 a oggi.

Di Silvano Telesi

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