23 Settembre 2025
Fonte: Pixabay
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle modifiche al Codice deontologico forense, l’avvocatura italiana è chiamata a un nuovo passo di consapevolezza e responsabilità. Le innovazioni approvate dal Consiglio Nazionale Forense con la delibera n. 636 del 21 marzo 2025 e pubblicate nella Serie Generale n. 202 del 1° settembre, entreranno in vigore tra sessanta giorni, ridisegnando alcuni snodi fondamentali dell’etica forense. Non si tratta di semplici ritocchi normativi, ma di un aggiornamento che riflette le trasformazioni culturali, sociali e giurisprudenziali che investono da tempo la professione legale, soprattutto nei suoi rapporti interni e nel delicato equilibrio tra lealtà processuale, tutela degli assistiti e composizione alternativa delle controversie.
La prima novità riguarda lo scambio di corrispondenza tra colleghi. L’avvocato, salvo diverso accordo o autorizzazione, non potrà più consegnare al cliente o alla parte assistita la corrispondenza intercorsa con il collega avversario, se essa è riservata o se contiene proposte conciliative. In caso di cessazione del mandato, il professionista potrà invece trasmettere tale materiale al collega subentrante, il quale sarà vincolato allo stesso dovere di riservatezza. Una disposizione che intende tutelare non solo la fiducia tra colleghi ma anche il corretto esercizio del diritto di difesa, impedendo un uso improprio delle interlocuzioni tra avvocati in sede contenziosa.
Altro pilastro toccato è il dovere di verità. L’art. 50 del Codice viene rafforzato al fine di evitare duplicazioni strumentali o omissioni in malafede. In particolare, l’avvocato che presenti istanze o richieste relative a uno stesso fatto ha l’obbligo deontologico di indicare i provvedimenti già ottenuti, anche se sfavorevoli. Una norma che sembra scontata ma che in realtà risponde a prassi elusive ancora troppo diffuse, nelle quali l’omissione delle decisioni di rigetto diventa una strategia per ritentare l'ottenimento di un provvedimento favorevole da un giudice ignaro.
Sul piano della testimonianza, il nuovo art. 51 stabilisce che l’avvocato, ove chiamato a deporre, deve astenersi dal riferire contenuti acquisiti nel corso di colloqui riservati con altri colleghi, incluse le proposte transattive e le relative risposte. In tal modo, viene ribadita la sacralità della riservatezza professionale, che va preservata anche al di fuori del mandato, quando il legale si trovi coinvolto come testimone.
Tra le modifiche più rilevanti e attuali, spicca l’intervento sull’ascolto del minore. Il nuovo art. 56 rafforza le garanzie per i soggetti più vulnerabili: l’avvocato non può procedere all’ascolto di un minorenne senza il consenso di chi esercita la responsabilità genitoriale, salvo che rivesta il ruolo di curatore speciale e non vi sia conflitto di interessi. Viene così sottolineato come il rispetto del superiore interesse del minore non sia un principio astratto, ma un parametro concreto per guidare la condotta del professionista, chiamato ad adottare modalità di ascolto rispettose, adeguate e non invasive.
Ampio spazio è dedicato, infine, alla disciplina delle procedure di risoluzione alternativa delle controversie. Su questo fronte si è assistito a un vero e proprio cambio di paradigma, coerente con la crescente valorizzazione delle ADR nel nostro ordinamento. A partire dall’arbitrato, dove l’avvocato non potrà più accettare la nomina ad arbitro se una delle parti è (o è stata negli ultimi due anni) assistita da un suo socio, associato, collaboratore stabile o collega operante negli stessi locali. A ciò si aggiunge l’obbligo di rendere ex art. 813 c.p.c. una dichiarazione chiara e leale su eventuali conflitti d’interesse. Lo stesso divieto si estende, nei due anni successivi alla chiusura del procedimento, anche a eventuali rapporti professionali dei soci e collaboratori dell’arbitro con una delle parti, salvo che l’oggetto dell’attività sia radicalmente diverso.
Anche per la mediazione viene rafforzata la neutralità del professionista, che non potrà assumere l’incarico se una delle parti sia stata seguita da colleghi a lui legati professionalmente in modo stabile. È un principio tanto semplice quanto essenziale: il mediatore deve essere super partes, anche nelle percezioni delle parti. E lo stesso vale per gli avvocati del suo studio o contesto professionale.
La novità forse più attesa è l’introduzione dell’art. 62-bis, che disciplina ex novo la negoziazione assistita. L’avvocato è chiamato a comportarsi con lealtà, rispettare la riservatezza e non utilizzare in giudizio le dichiarazioni rese nel corso della procedura. Viene inoltre vietato qualunque approccio suggestivo o manipolativo verso i terzi chiamati a fornire informazioni e, soprattutto, è fatto divieto al legale di impugnare un accordo alla cui redazione ha partecipato, salvo che emergano fatti sopravvenuti o ignoti al momento della firma. Una previsione che tutela la stabilità degli accordi stragiudiziali, riducendo le derive opportunistiche postume che minano la credibilità dello strumento. Le sanzioni disciplinari previste in caso di violazioni sono tutt’altro che simboliche: dalla censura fino alla sospensione da due a sei mesi per la violazione dell’obbligo di riservatezza.
Queste modifiche al Titolo IV del Codice deontologico forense, che si colloca sotto la rubrica “Doveri dell’avvocato nel processo e nei procedimenti di risoluzione alternativa e complementare delle controversie”, rappresentano una risposta articolata e rigorosa alle sfide contemporanee della professione. Esse non appaiono dettate da una visione sanzionatoria, ma da un’esigenza di tutela del ruolo sociale dell’avvocato, sempre più esposto al rischio di conflitti di interesse, pressioni ambientali e ambiguità relazionali.
In una stagione in cui il diritto si fa sempre più tecnico, e la giustizia civile cerca nuovi spazi al di fuori dell’aula, è confortante che l’organo di autogoverno dell’avvocatura rinnovi con lucidità le coordinate etiche di una professione che, per restare davvero “libera e indipendente”, ha bisogno innanzitutto di essere coerente con sé stessa.
Di Riccardo Renzi
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