07 Luglio 2025
Un risarcimento potenziale da 400 milioni di euro se la colpa dell’affondamento del Bayesian sarà attribuita ai 3 membri dell’equipaggio attualmente indagati. Se invece la responsabilità verrà ricondotta a un difetto di costruzione o progettazione, la cifra potrebbe ridursi drasticamente. È questa la posta in gioco dietro le 2 inchieste parallele – una italiana e una britannica – sull’inabissamento dello yacht Perini Navi affondato a Porticello il 19 agosto 2024.
Ora che il Bayesian è a terra e gli esperti possono indagare da vicino le cause del naufragio, si delinea la battaglia assicurativa.
Sull’affondamento del Bayesian c’è un’inchiesta penale della Procura di Termini Imerese e ce n’è una tecnica dell’agenzia governativa britannica Marine Accident Investigation Branch (Maib). Di qua i pm italiani, di là gli ispettori inglesi, che al momento danno letture decisamente diverse di quel che può essere successo la notte del 19 agosto dello scorso anno nelle acque siciliane di Porticello. E poi incombe quel risarcimento da 400 milioni di euro, secondo una prima stima, che tutti vorrebbero naturalmente evitare, soprattutto i 3 membri dell'equipaggio indagati.
Il mistero del Bayesian è infatti anche questo: una guerra di polizze, le cui ricadute in soldoni sono strettamente legate all’esito dell’inchiesta penale. Se verranno condannati i 3 membri dell’equipaggio attualmente indagati, la compagnia assicurativa British Marine – con la quale la società armatrice ha stipulato la polizza più sostanziosa – dovrà versare l’intera somma. Se invece la responsabilità ricadrà sul costruttore o sul progettista, come ipotizza l’agenzia britannica, l’esborso potrebbe essere di molto meno.
È un groviglio di assicurazioni, riassicurazioni, clausole e scenari. Sono 2 le coperture più rilevanti stipulate dalla Revtom Limited, armatrice del Bayesian con sede nell’isola di Man, guidata da Angela Bacares, moglie del magnate Mike Lynch, morto nel naufragio con la figlia Hannah e altri 5.
La prima è la Hull & Machinery, che copre i danni all’imbarcazione fino a 30 milioni di euro. La seconda, molto più corposa, è la Protection & Indemnity (P&I) della British Marine, che copre terzi danneggiati: familiari delle vittime, feriti, costi di recupero del relitto (stimati in circa 25 milioni di euro). Ma la vera posta in gioco sono i risarcimenti per le vite spezzate, tanto più ingenti per il calibro dei passeggeri: Lynch, fondatore di Autonomy e Darktrace, legato ai servizi segreti britannici MI6, americani e israeliani; Jonathan Bloomer, presidente di Morgan Stanley International; e Chris Morvillo, legale di Lynch.
La Hull & Machinery risarcirà l’armatore per il valore del veliero (circa 16,5 milioni prima del refitting) e il danno alla società di chartering. Ma è la P&I a generare le cifre più elevate. Una polizza che copre anche le spese legali dell’equipaggio – ma non senza condizioni.
"Fino a qualche tempo fa il comandante poteva anche scegliersi l’avvocato. Non è più così, ora gli viene detto: la tua difesa dev’essere funzionale ai nostri interessi altrimenti te la paghi", spiega l’avvocato Enrico Vergani, partner di Bonelli Erede e tra i massimi esperti italiani di diritto marittimo. Tradotto: se il comandante James Cutfield vuole evitare grane, dovrà allinearsi agli interessi dell’armatrice e dell’assicurazione. Stesso discorso per gli altri 2 indagati.
Si stanno formando due fronti ben distinti. Da una parte, la Procura, il costruttore e l’avvocato Mario Bellavista, legale dei familiari del cuoco di bordo Recaldo Thomas – l’unico dell’equipaggio morto nel naufragio – i quali mettono in evidenza i gravi errori umani. Dall’altra, l’agenzia Maib e lo stesso equipaggio (escluso il cuoco), che puntano il dito contro il progetto e la costruzione dell’imbarcazione, affidata alla Perini Navi, eccellenza della nautica mondiale.
Sul banco degli imputati, per la Procura, ci sono Griffiths, Eaton e Cutfield. "Matthew Griffiths, in qualità di marinaio addetto al turno di guardia notturno, perché non si avvedeva del peggioramento delle condizioni meteo – scrive il pm Raffaele Cammarano – Timothy Parker Eaton (ufficiale di macchina) perché non si avvedeva che la barca aveva già imbarcato acqua… Il comandante Cutfield perché non adottava tempestivamente tutte le misure atte a fronteggiare la situazione di emergenza venutasi a creare e non avvertiva del pericolo dell’imminente naufragio tutti gli altri soggetti presenti sull’imbarcazione, cagionando la morte di sette di loro".
Più netta ancora la posizione dell’ad di The Italian Sea Group, Giovanni Costantino, che ha rilevato Perini Navi: "Nave inaffondabile, c’è stata una catena di errori da parte dell’equipaggio". E l’avvocato Bellavista rincara: "Le prime evidenze parlano chiaro: la manetta del gas a zero, la scaletta reale all’esterno, il gavone del tender aperto: sono sempre più convinto che parte dell’equipaggio non fosse a bordo... spero non mi revochino il mandato".
Dal lato opposto, invece, il Maib lascia intendere tutt’altro: "È possibile che la barca fosse vulnerabile ai venti estremi". In altre parole: progettazione difettosa, nave affondabile.
Gli esiti delle 2 tesi sono opposti anche sul fronte assicurativo. Se vincesse la linea dell’errore umano, la compagnia assicurativa dovrebbe pagare tutto senza possibilità di rivalsa. Se invece fosse confermato un difetto strutturale, la British Marine potrebbe rivalersi su progettista e cantiere, riducendo notevolmente l’esborso.
"Se esiste un difetto di progetto normalmente la compagnia assicurativa ha margini di rivalsa", conferma Vergani. E aggiunge Elena Orrù, docente di Diritto delle assicurazioni marittime all’Università di Bologna: "Ci sono poi da considerare, quantomeno per alcuni dei crediti coinvolti, gli effetti della Convenzione LLMC-96 e consente di limitare il debito dell’armatore". La causa potrebbe quindi approdare a Londra, dove la norma è vigente.
Resta infine l’ipotesi di un evento estremo, come il downburst, una “tempesta perfetta” che al momento né Procura né Maib sembrano prendere sul serio. Meno ancora l’ipotesi di un attentato: lo scafo, benché danneggiato, appare integro. Ma saranno gli esami sul relitto a fornire, forse, l’ultima parola su una vicenda ancora piena di ombre.
Secondo quanto appreso da ambienti vicini alle indagini, il materiale informatico sensibile – tra cui computer, hard disk e memorie esterne – appartenente a Mike Lynch sarebbe stato rimosso dalle casseforti prima ancora dell’avvio delle operazioni ufficiali di recupero. Un’operazione silenziosa e rapidissima da parte dell’MI6, con cui Lynch aveva legami grazie alla sua azienda Darktrace. Lynch non era un imprenditore qualsiasi. Dopo la discussa vendita di Autonomy, nel 2011, aveva cofondato Darktrace, azienda di cybersecurity che vedeva nel Cda la presenza di ex ufficiali del MI5, del GCHQ e persino membri dei servizi americani e israeliani.
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