02 Gennaio 2023
Andrea Crisanti, fonte: Imagoeconomica
"A partire da oggi lascio l'Università di Padova", queste le parole del senatore e docente Andrea Crisanti, il quale ha annuncaito oggi, lunedì 2 gennaio 2022, le proprie dimissioni. All'Ateneo padovano ricopriva il ruolo di docente ordinario di microbiologia. La decisione, ha confermato lo stesso Crisanti, è legata all'indagine sui tamponi rapidi della Procura di Padova, e alla diffusione di alcune intercettazioni telefoniche che lo riguardano. Crisanti ha aggiunto di volere "essere libero di prendere ogni decisione, visto anche - ha concluso - che vi sono molte intercettazioni che riguardano anche altri docenti dell'Università".
Crisanti aveva già rinunciato tempo fa allo stipendio che percepiva da docente (anche se non risulta che abbia rinunciato a quello che da qualche mese prende come senatore). Crisanti sarebbe comunque andato in pensione tra tre anni, dunque, molto probabilmente, si sarebbe nel prossimo futuro dedicato comunque alla nuova carriera politica.
Intervistato da Il Corriere della Sera, Crisanti ha confermato che la sua è stata "una decisione legata all’inchiesta aperta dalla Procura di Padova sui test antigenici rapidi in base alla mia denuncia sulla loro affidabilità limitata al 70% degli esiti. Dal 31 dicembre 2022 cessa il mio rapporto di lavoro con l’Ateneo". Per quanto riguarda l'inchiesta dice che "non ne sapevo nulla finché non sono stato contattato da Report. Allora ho presentato alla magistratura una richiesta di accesso agli atti e quando li ho ottenuti mi sono reso conto che non si tratta di un caso isolato. In altre occasioni il presidente del Veneto parla di me al telefono con fare intimidatorio. È l’orchestratore di una campagna di diffamazione e discredito nei mie confronti, nonostante io abbia lavorato per la Regione e abbia preso posizioni decise proprio per salvaguardare la Regione stessa e soprattutto i pazienti e i cittadini del Veneto".
L'inchiesta legata ai tamponi rapidi in Veneto era partita l'anno passato a seguito di uno scoop de L'Espresso. A quanto pareva, infatti, chi doveva certificare la validità di quei tamponi in realtà non lo avrebbe mai fatto. Ma non è finita, oltre a questa sua mancanza, ne ha commessa una seconda, dando infatti ugualmente il via libera all’acquisto di quasi 500 mila test per un valore di oltre due milioni di euro.
La procura di Padova, a fronte di ciò che aveva scoperto L'Espresso, aveva dunque chiesto il rinvio a giudizio per Roberto Rigoli, il primario dell’ospedale di Treviso che nel 2020 aveva sostituito Andrea Crisanti come riferimento per la gestione della diagnostica anti-Covid, e Patrizia Simionato, all’epoca direttrice generale di Azienda Zero che si è occupata degli acquisti. Le accuse sono pesanti: falso ideologico e turbata libertà di scelta del contraente.
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