17 Novembre 2025
La tregua a Gaza non è la fine delle ostilità. Lo dicono i palestinesi stessi, che lì ci vivono. Un'attivista ha denunciato con un video diventato virale online: "Non c'è pace qui, il genocidio continua ogni giorno. Israele non fa arrivare il cibo ai gazawi. Non possiamo neanche coltivare noi il nostro cibo per mangiarlo: Tel Aviv controlla il 96% delle nostre aree agricole nella Striscia".
La crisi alimentare nella Striscia di Gaza continua a raggiungere livelli estremi, secondo le testimonianze dirette di residenti che denunciano un accesso quasi nullo a cibo fresco e beni essenziali. “A Gaza entra solo cibo spazzatura e una quantità limitata di cibo fresco”, riferiscono fonti locali, descrivendo una situazione in cui i pochi alimenti disponibili “Questo mantiene i prezzi alti e la scarsità, aumentando i rischi per la salute e la sofferenza causata dalla lenta fame e dal cibo spazzatura”.
Secondo quanto riportato, Israele starebbe impedendo il regolare ingresso di generi alimentari: “Israele non sta permettendo l’ingresso di cibo a Gaza. Non ci sono carne, pesce, uova, cibo fresco, frutta e verdura”. Le uniche merci che riescono a transitare sono “solo quantità limitate di cibo fresco e cibo in scatola, quindi tutto rimane molto costoso”, troppo costoso per gran parte della popolazione.
L’emergenza riguarda anche la produzione agricola interna. Ai coltivatori palestinesi sarebbe impedito di raggiungere le aree agricole: “Israele non permette ai contadini di tornare nelle aree agricole a est e a nord di Gaza”. Secondo le testimonianze, “il 96% delle aree agricole è sotto controllo israeliano, non possiamo coltivare né mangiare il nostro cibo”.
Le stesse fonti sottolineano come la crisi umanitaria resti irrisolta: “Il genocidio continua, il cibo ancora non entra, non c’è nulla per ricostruire le nostre città, qui non c’è pace”.
Organizzazioni internazionali continuano a chiedere un accesso umanitario pieno e sicuro, mentre la popolazione civile affronta quotidianamente scarsità, malnutrizione e servizi collassati, in un contesto in cui, secondo i residenti, la possibilità di una normalizzazione appare ancora lontana.
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