24 Giugno 2025
Negli ultimi mesi si è fatta sempre più concreta l’ipotesi che John Elkann stia per abbandonare definitivamente il mondo dell’editoria. Dopo anni di ridimensionamenti e cessioni, ora anche La Repubblica e La Stampa, i due principali quotidiani del gruppo Gedi, sembrano destinati a cambiare proprietà. Il gruppo GEDI, che controlla alcune tra le principali testate italiane, tra cui La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, oltre a numerosi giornali locali come Il Mattino di Padova, La Tribuna di Treviso, Il Piccolo e Messaggero Veneto, sarebbe interamente in vendita. Secondo indiscrezioni, John Elkann, azionista di riferimento attraverso Exor, starebbe valutando la possibilità di cedere l’intero gruppo, nonostante un legame personale con La Stampa, storico quotidiano torinese un tempo guidato dalla famiglia Agnelli. Proprio questo legame affettivo renderebbe La Stampa l’unica testata su cui Elkann potrebbe decidere di mantenere il controllo, anche se non si esclude che venga inclusa nella trattativa complessiva.
La lista delle testate dismesse o vendute è lunga: Il Secolo XIX è stato ceduto all’armatore Gianluigi Aponte, mentre molte testate locali e radiofoniche sono state chiuse. GEDI è ormai solo un frammento dell’impero editoriale che fu.
Tra gli interessati all’acquisto ci sarebbe proprio Vivendi, che dopo esperienze difficili in Italia potrebbe tornare, questa volta puntando a entrare nel cuore dell’editoria italiana, magari senza assumere il controllo totale, ma come partner di minoranza. Anche se l’operazione non è ancora ufficiale, gli indizi ci sono. Vivendi porta con sé un impero che va da Canal+ a Hachette, da Universal Music a Havas nella pubblicità.
Secondo quanto riportato da Il Giornale d’Italia in una serie di articoli pubblicati nel 2022, la trattativa tra John Elkann e Danilo Iervolino per l’acquisizione de La Repubblica era già in corso all’epoca e veniva descritta come avanzata. Dopo aver rilevato L’Espresso, Iervolino aveva manifestato interesse per un quotidiano generalista nazionale, individuando in La Repubblica il principale obiettivo. A supporto di questa ipotesi, venivano citate la continuità di alcune iniziative editoriali e una clausola contrattuale che vietava la trasformazione de L’Espresso in quotidiano fino al termine del 2023. A distanza di tempo, il quadro resta aperto, ma quelle anticipazioni forniscono oggi un contesto utile per comprendere la possibile evoluzione delle trattative in corso tra GEDI e nuovi soggetti interessati.
Nel mese di aprile 2025, sia La Stampa che la Repubblica hanno registrato un calo nelle vendite, sia in edicola che in formato digitale. Le copie cartacee vendute da La Stampa sono state 46.517, con una diminuzione del 9,50% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. La Repubblica ha totalizzato 63.196 copie cartacee, segnando una flessione del 5,10%. Sul fronte digitale, La Stampa ha distribuito 73.394 copie, in calo del 6,60%, mentre la Repubblica ha raggiunto 138.465 copie, con una contrazione del 5,50%. Questi dati si inseriscono in un trend di flessione che colpisce in particolare i grandi quotidiani generalisti, già da tempo impegnati in una transizione verso modelli digitali a pagamento e strategie editoriali orientate all’abbonamento.
Nel 2024 La Repubblica ha perso oltre 190 mila lettori, con un calo del 6%, mentre La Stampa ha registrato un calo ancora più pesante, con oltre 310 mila lettori in meno, pari al 15,8%. Il gruppo GEDI ha chiuso l’anno con un fatturato di 224 milioni ma con perdite di 15 milioni.
Il caso di Vivendi in TIM rappresenta uno degli esempi più emblematici di investimento strategico finito male nel panorama europeo delle telecomunicazioni. Vivendi è entrata nel capitale di TIM nel 2015-2016, investendo circa 4 miliardi di euro per diventare il primo azionista. Dopo varie vicende, Vivendi detiene ancora circa il 18,4% del capitale di TIM. Ha venduto una parte della partecipazione (15%) a Poste Italiane per 684 milioni di euro. A causa della forte svalutazione del titolo TIM negli ultimi anni, Vivendi ha registrato perdite stimate in circa 4 miliardi di euro.
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