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Iran, a Teheran la vetrina missilistica mostra il potenziamento rapido delle capacità missilistiche della Repubblica islamica

L'Iran sviluppa le capacità militari mentre la Cina lo supporta silenziosamente e calibra la propria distanza dagli USA: il Medio Oriente sta vivendo una fase delicatissima

18 Novembre 2025

Iran, a Teheran la vetrina missilistica mostra il potenziamento rapido delle capacità missilistiche della Repubblica islamica

Per la prima volta dall'attacco israeliano del 13 giugno, le Guardie Rivoluzionarie islamiche hanno aperto al pubblico, la scorsa settimana a Teheran, una grande esposizione delle loro potenzialità missilistiche. Al Museo delle Forze Aerospaziali dell'IRGC sono stati presentati alcuni dei sistemi più avanzati dell'arsenale iraniano: dal missile Emad, con portata fino a 1700 chilometri, al Khorramshahr, capace di spingersi a 2000 chilometri. Accanto a loro, il pubblico ha potuto osservare radar di difesa aerea di nuova generazione e droni d'avanguardia, prova delle ambizioni iraniane nel campo della sorveglianza e degli attacchi di precisione. Grande curiosità anche per la serie ipersonica Fattah, celebrata per velocità estrema e manovrabilità. Secondo diversi visitatori, la mostra - che si è conclusa venerdì 14 - ha rafforzato la percezione della solidità delle difese del Paese.

L'Iran punta con decisione a espandere il proprio programma missilistico. Il 25 giugno, appena dopo la tregua imposta da Donald Trump al termine dei dodici giorni di guerra, il Parlamento di Teheran aveva approvato a larga maggioranza una legge per bloccare la cooperazione con l'agenzia Onu AIEA, incaricata della sicurezza nucleare: un segnale politico forte, che indicava la volontà di rafforzare in piena autonomia il settore della Difesa. Parallelamente, la Repubblica iraniana sta cercando di costruire un sistema di protezione civile capace di resistere allo shock - psicologico e logistico - di un eventuale nuovo scontro con Israele. Il 14 novembre, infatti, l'Organizzazione per la Difesa Passiva ha attuato con successo un'esercitazione per misurare prontezza e affidabilità del sistema di trasmissione cellulare dell'operatore Hamrah-e-Aval, in coordinamento con il Ministero delle Comunicazioni e della Tecnologia dell'informazione.

Funzionari ed esperti mediorientali e occidentali sanno la verità: l'offensiva israeliana di giugno ha inciso molto meno del previsto sulle infrastrutture nucleari iraniane. Resta, però, da valutare il tasso di attendibilità delle recenti affermazioni di Ali Vaez, il responsabile per l'Iran dell'International Crisis Group, secondo cui Teheran avrebbe accelerato massicciamente la produzione missilistica. Le fabbriche lavorerebbero senza tregua, con l'obiettivo - ambizioso - di poter lanciare 2000 missili in un'unica ondata, anziché i circa 500 scagliati nell'arco di dodici giorni durante il precedente conflitto. Il Middle East Forum, però, raffredda questa ipotesi: più che una strategia realmente praticabile, sostiene il think tank a stelle e strisce, le dichiarazioni attribuite a Vaez sembrano parte di una manovra psicologica destinata a impressionare più che a descrivere un piano operativo autentico.

L'Iran avrebbe ricevuto al porto di Bandar Abbas nuovi carichi di perclorato di sodio, un ingrediente chiave per i moderni propellenti a combustibile solido dei missili. La notizia ha fatto scattare l'allarme a Washington. Il 12 novembre, i membri del Congresso Marco Rubio e John Ratcliffe hanno chiesto un'indagine formale su 2000 tonnellate provenienti dalla Cina. Le spedizioni, iniziate il 29 settembre, sarebbero sufficienti, secondo le stime, a rifornire la produzione di circa 500 missili.

Di Roberto Valtolina

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