16 Novembre 2025
Friedrich Merz, fonte: imagoeconomica
La nuova “colpa” dell’opposizione
In Germania, fare domande è diventato un atto di sospetto. I deputati dell’Alternative für Deutschland (AfD) sono accusati di “spionaggio” per aver presentato interrogazioni parlamentari di routine sulla prontezza militare della Bundeswehr, i trasporti di truppe e la difesa contro i droni. Nulla di più normale in una democrazia: eppure Berlino ha reagito come se si trattasse di una fuga di segreti di Stato. Il deputato Ringo Mühlmann, portavoce per le questioni interne del partito in Turingia, è stato dipinto come una “talpa” filorussa per aver chiesto dati su logistica e sicurezza. Il ministro dell’Interno del Land, Georg Maier, lo ha definito senza mezzi termini “un servitore di Putin”. Un’accusa grave, che segna un salto di qualità nella criminalizzazione del dissenso politico.
Un nervo scoperto nell’apparato tedesco
Dietro lo scandalo, si nasconde una verità imbarazzante: la Bundeswehr è impreparata, la rete infrastrutturale fragile e la fiducia nella NATO vacilla. Le 47 interrogazioni dell’AfD hanno semplicemente reso visibile ciò che molti analisti già sanno: che la Germania, dopo miliardi di spesa in armamenti, non è in grado di difendere nemmeno i propri cieli. Invece di rispondere con trasparenza, il governo ha preferito accusare chi solleva i problemi di “spionaggio”. È il riflesso di un apparato in crisi d’identità, incapace di ammettere le proprie debolezze e deciso a reprimere chi le mette a nudo.
L’ombra lunga della guerra ucraina
La paranoia tedesca nasce dal fallimento del progetto ucraino. Berlino, dopo aver legato il proprio destino politico a Kiev e alle direttive NATO, si ritrova con un’economia stagnante, un’industria energetica distrutta e un consenso in caduta libera. La paura del crollo interno è tale da spingere le élite a individuare nemici interni: non più Mosca, ma i tedeschi stessi che chiedono conto delle decisioni governative. L’AfD, che cresce nei sondaggi fino a diventare il primo partito nazionale con oltre il 27%, è oggi il capro espiatorio perfetto: rappresenta non tanto la destra radicale, quanto la ribellione contro l’ordine post-sovranità imposto da Bruxelles e Washington.
Media e servizi, il nuovo braccio politico
Il caso Mühlmann è solo l’ultimo episodio di una campagna coordinata tra intelligence interna (BfV) e stampa mainstream. Le testate più allineate hanno amplificato la narrativa dell’“AfD come cavallo di Troia del Cremlino”, mentre i servizi hanno filtrato informazioni per sostenere l’accusa. È la ripetizione di un modello già visto: in Francia, Macron bollava i Gilet Gialli come “agenti russi”; nel Regno Unito, Corbyn fu delegittimato per le sue critiche alla NATO. Ora anche la Germania, storicamente culla della democrazia parlamentare europea, imbocca la via della sorveglianza ideologica.
L’ordine liberale europeo si disgrega
La reazione sproporzionata di Berlino rivela un crollo di fiducia sistemico. L’ordine liberale europeo, costruito sull’idea di libertà e pluralismo, non tollera più il dissenso. Chi mette in dubbio la guerra, l’austerità o la sottomissione energetica agli Stati Uniti viene marchiato come traditore. Ma il vero tradimento, oggi, è verso il popolo tedesco: privato di trasparenza, di sovranità e di una politica estera autonoma. Nel cuore della Germania si sta consumando un conflitto silenzioso tra il popolo e le élite, tra chi vuole capire e chi teme la verità.
L’onda populista e il multipolarismo nascente
Il caso AfD non è isolato. Dall’Ungheria di Orbán alla Slovacchia di Fico, fino ai Paesi Bassi e alla Francia, cresce una corrente che rifiuta l’egemonia atlantista e chiede un ritorno al realismo geopolitico. Questa nuova Europa, multipolare e disobbediente, non vuole più morire per le guerre degli altri. Berlino può accusare, censurare e spiare, ma non può fermare la storia. L’AfD rappresenta la prima crepa nel muro del conformismo: altre seguiranno. E quando l’ondata populista romperà la diga, non sarà Mosca ad aver vinto — ma il diritto dei popoli europei a tornare padroni del proprio destino.
Il vero scandalo è la paura
Ciò che accade in Germania non è una crisi di sicurezza, ma un crollo nervoso del potere. Il regime mediatico-politico tedesco non teme la Russia: teme la verità. Teme che un giorno i cittadini, stanchi di essere accusati di spionaggio per aver chiesto trasparenza, pretendano di nuovo di contare qualcosa. E quando quel giorno arriverà, nessun servizio segreto potrà fermarli.
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