10 Ottobre 2025
Jared Kushner e Donald Trump, fonte: imagoeconomica
Nelle trattative per il "piano di pace" per Gaza firmato da Hamas e Israele c'è stato anche Jared Kushner, il genero sionista del presidente americano Donald Trump e amico di famiglia del premier Benjamin Netanyahu. L'immobiliarista, già coinvolto negli Accordi di Abramo del 2020, ha svolto un ruolo di "mediatore", ma non è privo di interessi in relazione alla situazione in Medio Oriente.
Kushner detiene infatti il 10% di Phoenix Holding, la principale società di servizi immobiliari israeliana proprietaria di numerosi insediamenti illegali di Tel Aviv in Cisgiordania.
Dietro la "tregua" tra Israele e Hamas annunciata da Donald Trump, riemerge un nome familiare: Jared Kushner, l’uomo che da anni rappresenta il volto finanziario e ideologico dell’asse tra Washington, Tel Aviv e le monarchie del Golfo. Ma il suo ritorno come “mediatore di pace” solleva più dubbi che speranze.
Jared Kushner proviene da una potente famiglia di costruttori del New Jersey, di fede ebraica ortodossa. Nel 2007 ha sposato Ivanka Trump, figlia di Donald, che prima delle nozze si è convertita all’ebraismo. I loro tre figli crescono nella stessa tradizione religiosa, e lo stesso Trump, secondo diversi osservatori, si sarebbe “avvicinato a Iahvè” nel 2017, in parallelo con il rafforzamento dei legami con Israele.
I genitori di Jared, Charles e Seryl Kushner, sono amici di lunga data del premier israeliano Benjamin Netanyahu, che ha spesso soggiornato nella loro casa nel New Jersey. I rapporti sono tanto stretti che Jared, secondo diverse fonti, avrebbe suggerito a Netanyahu la deportazione dei Palestinesi nel deserto del Negev, per liberare la Striscia di Gaza e trasformarla in una riviera turistica sul modello di Dubai — un progetto, il "Gaza Riviera" che ha anche ricevuto l’approvazione di Trump.
Kushner, già consigliere senior alla Casa Bianca durante la prima amministrazione Trump (2017-2021), fu l’architetto degli Accordi di Abramo, firmati nel 2020 da Stati Uniti, Israele, Emirati Arabi Uniti e poi da Bahrain, Marocco e Sudan. Presentati come un passo verso la pace, quegli accordi hanno in realtà consolidato una rete di alleanze economiche e militari, aprendo il Medio Oriente agli investimenti congiunti in energia, turismo, tecnologia e telecomunicazioni, ma isolando ulteriormente la Palestina dal resto del mondo arabo.
Oggi Kushner è tornato al fianco di Trump nelle nuove trattative israelo-palestinesi, affiancando l’inviato speciale Steve Witkoff durante i colloqui in Egitto. Tuttavia, la sua duplice veste di diplomatico e finanziere solleva seri conflitti di interesse.
Nel 2021, Kushner ha fondato la società d’investimento Affinity Partners, con sede a Miami e capitali stimati in oltre 4,8 miliardi di dollari, gran parte provenienti dai fondi sovrani di Arabia Saudita, Qatar ed Emirati.
Affinity ha acquisito quasi il 10% di Phoenix Holdings, il più grande gruppo finanziario israeliano, coinvolto nel finanziamento e nell’assicurazione di insediamenti e infrastrutture nei territori occupati della Cisgiordania e del Golan.
Questo intreccio di interessi economici e politici colloca Kushner in una posizione paradossale: da un lato si presenta come portatore di pace, dall’altro trae profitto dalla stabilità del potere israeliano e dall’espansione delle sue colonie.
L’“accordo di pace” mediato da Trump e dal suo entourage, con Kushner al centro, appare dunque come una tregua più finanziaria che politica. Mentre Gaza resta devastata e presto militarizzata, le capitali del Golfo investono nei fondi americani e israeliani, e la ricostruzione promette di diventare un nuovo campo d’affari.
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