Giovedì, 09 Ottobre 2025

Seguici su

"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Gaza, la task force armata di Usa, Qatar, Israele, Egitto e Turchia per "recuperare cadaveri ostaggi": il piano per militarizzare la Striscia

Una task force internazionale con Israele, Usa, Qatar, Egitto e Turchia cercherà i corpi degli ostaggi a Gaza: ma il piano appare come una nuova occupazione che parte da nord, zona già militarizzata e quasi priva di palestinesi, e che arriverà poi al sud, dove sono stipati ora i gazawi

09 Ottobre 2025

Gaza, Idf: “Tre ostaggi israeliani uccisi per un tragico errore”. Strade bloccate a Tel Aviv per protesta

Fonte foto: Lapresse.it

Al momento della firma dell'"accordo di pace" fra Hamas e Israele è stata anche istituita una task force multinazionale armata costituita da Usa, Qatar, Stato Ebraico, Egitto e Turchia. La missione ufficiale? Localizzare e recuperare i cadaveri degli ostaggi israeliani a Gaza le cui posizioni risultano ignote. L'iniziativa, però, ha tutte le carte in regola per trasformarsi in una missione militare di occupazione della Striscia partendo dal nord, zona già distrutta e svuotata dai palestinesi, per poi espandersi in tutto il territorio, con i gazawi ammassati nel sud.

Gaza, la task force armata di Usa, Qatar, Israele, Egitto e Turchia per "recuperare cadaveri ostaggi": il piano per militarizzare la Striscia

Durante i colloqui mediati a Sharm el-Sheikh che hanno portato all’"accordo-tregua" recentemente annunciato, è stato concordato l’istituzione di una forza congiunta multinazionale con il compito dichiarato di localizzare i corpi degli ostaggi israeliani presenti nella Striscia di Gaza le cui posizioni sono sconosciute. All’iniziativa parteciperanno, secondo fonti ufficiali e giornalistiche, Israele, Stati Uniti, Qatar, Egitto e Turchia.

L’annuncio è arrivato dopo che mediatori hanno ammesso che Hamas ha dichiarato di non sapere dove siano sepolti alcuni ostaggi deceduti, rendendo necessario un impegno internazionale per le ricerche e il recupero. Il piano è stato anche concepito pensando ai tempi dell’accordo che prevedono la restituzione di vivi e morti entro scadenze molto strette, rendendo urgente accelerare le operazioni sul campo.

La missione umanitaria che sa di militarizzazione

Ufficialmente la missione avrà finalità esclusivamente umanitarie: identificare resti, garantire procedure forensi e permettere il ritorno dignitoso alle famiglie. Ma sul terreno sorgono questioni pratiche e politiche cruciali. Testimonianze e analisti temono che i team armati — inevitabilmente scortati o appoggiati da unità israeliane — possano trasformare l’operazione in un’opportunità per rilevare, mappare e militarizzare aree della Striscia già duramente svuotate dai combattimenti, a cominciare dal nord.

L’idea è che, partendo da settori in cui la popolazione è stata quasi completamente evacuata forzatamente, si possano consolidare corridoi e basi logistiche, limitando progressivamente lo spazio vitale dei civili palestinesi e spingendoli verso il sud della Striscia. Questa dinamica alimenta la paura di una de facto spartizione territoriale che lascia pochi dubbi sulle intenzioni a lungo termine.

Quanti sono gli ostaggi israeliani e quale è la loro condizione


Secondo le fonti emerse durante i negoziati, al momento rimangono nella Striscia circa 48 ostaggi di cui si ha notizia diretta, parte delle 251 persone rapite il 7 ottobre 2023. Di questi, l’Idf ha confermato almeno 26 corpi già identificati; altri reparti e rapporti parlano di decine di corpi recuperati nel corso delle operazioni precedenti. Circa 20 persone sono ritenute ancora vive, mentre per almeno 2 si nutrono gravi preoccupazioni sul loro stato di salute.

Mediatori e servizi di intelligence hanno inoltre riportato che Hamas stessa ha ammesso di non conoscere la posizione di alcuni dei cadaveri, rendendo impossibile rispettare in alcuni casi la tempistica di restituzione prevista di 72 ore senza ricerche prolungate. Stime israeliane citate in vari briefing parlano della possibilità che tra 7 e 15 corpi non possano essere recuperati facilmente: numeri che alimentano sia l’urgenza delle operazioni di ricerca sia il timore che alcuni resti siano sepolti in aree irraggiungibili o devastate.

Un cavallo di Troia per l'occupazione totale di Gaza con il beneplacito internazionale?

Perché il timore che questa iniziativa sia anche un cavallo di Troia per la riorganizzazione militare di Gaza? Primo, perché la task force non opererà in vuoto: avrà bisogno di sicurezza, scorte logistiche, corridoi e informazioni di intelligence per muoversi nelle rovine. Secondo, perché la stessa narrazione politica in Israele — che giustifica una presenza prolungata come necessaria per “assicurare” il ritorno degli ostaggi e la consegna degli aiuti — può fornire la copertura politica per permanenze prolungate nelle aree liberate. Terzo, perché l’esperienza dei precedenti cessate il fuoco e delle fasi di “ricostruzione” mostra come le presenze esterne possano facilitare cambiamenti demografici e di controllo territoriale.

La partecipazione della Turchia, insieme a Qatar ed Egitto e al sostegno tecnico e logistico statunitense rischia di essere usata come garanzia diplomatica per attività che — sul piano pratico — richiederanno permessi, intelligence condivisa e supporto militare. Per molte organizzazioni per i diritti umani e per le famiglie palestinesi, la presenza di attori mediatore non basta a escludere abusi o a prevenire che le attività di localizzazione diventino strumento di controllo.

Il Giornale d'Italia è anche su Whatsapp. Clicca qui per iscriversi al canale e rimanere sempre aggiornati.

Commenti Scrivi e lascia un commento

Condividi le tue opinioni su Il Giornale d'Italia

Caratteri rimanenti: 400

Articoli Recenti

x