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Il mondo sta cambiando paradigma e l’Europa ha perso peso; Trump ha solo accelerato (di poco) questo passaggio

L’Europa si era convinta di essere player internazionale perché ha un mercato fortissimo. Invece no, addirittura proprio sulla difesa del mercato nella negoziazione dei dazi ha palesato le proprie debolezze strutturali ed è crollata politicamente

04 Settembre 2025

Il mondo sta cambiando paradigma e l’Europa ha perso peso; Trump ha solo accelerato (di poco) questo passaggio

Se tu metti al centro della mappa l’Europa, cresci pensando che l’Europa sia il centro del mondo. Ma altrove ognuno mette il proprio continente al centro e allora… E allora le nazioni si pesano per l’impronta che lasciano nella globalizzazione o in quella che un tempo avremmo chiamato geopolitica o relazioni internazionali. O Ordine mondiale. Che appunto sta cambiando e si è accoppiato con la globalizzazione.

Quando è successo questo cambio di paradigma? Quando la Cina fu fatta entrare nel Wto, nell’organizzazione mondiale del commercio, nel dicembre 2001 e da allora la perdemmo di vista perché quella America di stampo clintoniano (aveva da poco terminato il mandato presidenziale) era convita di poter controllare il Dragone una volta fatto entrare, con generose concessioni in dumping, nel tempio mercatista. In Europa il vento dominante era quello della Terza Vita blairiana (oggi abbiamo visto la tempra laburista di Blair nelle torsioni lobbiste, ora nel Golfo ora a Gaza…) e quindi tutti gli andarono dietro: evviva la globalizzazione, ci farà più ricchi.

La globalizzazione ha fallito perché la Cina ha approfittato dei regali e ne ha profondamente modificato gli assetti rendendosi predatore e non preda: l’economista Rana Foroohar lo ha fatto intendere nel suo saggio “La globalizzazione è finita” (Fazi editore). La meccanica dell’ordine mondiale sta cercando l’assestamento di questo nuovo paradigma. Gli incontri della Cooperazione di Shanghai sono stati un passaggio come altri ce n’erano stati negli anni recenti ma non abbiamo voluto vederli perché leggiamo le rotte sempre su mappe eurocentriche. Stavolta siamo stati obbligati perché quell’altro mondo - chiamatelo come volete - ci è entrato prepotentemente in casa come un vento forte che fa sbattere le porte.

Dicono che tutto questo sia accaduto per colpa di Trump. E perché mai? Se ciò fosse vero - ma non lo è e lo vedremo - vorrebbe dire che tolto Trump di mezzo tutto tornerebbe alle relazioni o all’ordine precedente. Non è così. L’origine di questo crash è stato l’ingresso incontrollato della Cina nel Wto e ora la Cina è prepotentemente sul campo e gioca la sua partita guidata da un leader preparato e politicamente intelligente, paziente e lungimirante. I nostri parametri (pseudo)morali ci impediscono di misurare le abilità dei leader sulla scena mondiale perché li classifichiamo alla voce “autocrati” o “dittatori”. Ebbene, una volta che li abbiamo additati come “cattivi” i cattivi restano nel tempo e nello spazio dell’oggi e governano.

Xi Jinping e Putin hanno dimostrato di essere leader di questo asse cartesiano autocratico, così come lo ha fatto Modi (che invece non può essere classificato come generatore di potere da se stesso). Nel giro di pochi giorni Cina, Russia e India hanno lasciato impronte pesanti sulle nuove cartine della globalizzazione e lo hanno fatto con un modello di organizzazione opposto rispetto a quello dell’Europa, che - con arroganza intellettuale infondata - si era candidata a essere il player occidentale alternativo a quello americano. E come tale proporsi al mondo.

Lo scrissi nel mio “Maledetta Europa”: il mondo non fa richiesta di Europa. Sono solo le classi dirigenti europee a essere convinti del contrario e appannano la realtà escludendo persino i cittadini del continente perché ne temono un giudizio avverso; però parlano di democrazia: quando mai ai cittadini è stato chiesto di rinunciare alle proprie monete per l’euro? Quando mai hanno chiesto ai cittadini se vogliono rinunciare ai loro Stati per conferire più potere - tra cui quello di armarsi - all’Unione europea?

L’Europa - lo ha detto pure Draghi quindi ora siamo legittimati pure noi che prima eravamo solo dei discoli distruttori, populisti - si era convinta di essere player internazionale perché ha un mercato fortissimo. Invece no, addirittura proprio sulla difesa del mercato nella negoziazione dei dazi ha palesato le proprie debolezze strutturali ed è crollata politicamente. Il cartello di Shanghai e quello di Brics sono sovrapposizioni che contano oggi e conteranno sempre di più. Non hanno scelto un modello di assimilazione come i paesi dell’eurozona e della Ue; hanno scelto il modello della convergenza di interessi (com’era nella Cee), che pure è un esercizio politico di grande raffinatezza. Le tensioni tra Russia e Cina, per esempio sulle risorse minerarie ed energetiche in Siberia, restano, così come restano le tensioni tra India e Cina sulle risorse idriche, ma debbono restare sottopelle per far prevalere la forza unitaria di un asse nuovo.

La parata militare del 3 settembre (che noi facciamo ogni anno il 2 giugno come proiezione della festa della Repubblica) è stata non solo l’ostentazione della propria forza, da valutare con attenzione tutte le volte che non capiamo quanto sia urgente arrivare alla mediazione perché ci manca solo l’accensione del fronte a Taiwan, ma anche una specie di campionario di vendita alle forze alleate. Lo ripeto, Trump non ha scombinato il mondo: il mondo si stava torcendo secondo nuove meccaniche, che Donald - questo sì - ha accelerato coi dazi (vedi India) e con il cortocircuito del grande protettore in armi (vedi finanziamento Nato o gli avvertimenti all’Europa e al Giappone).

Ma bastava registrare che gli americani si erano stancati di pagare per difendere tutti e contestualmente bastava guardare i numeri dei paesi Sco e Brics per accorgersi che sarebbero andati a dama. Ci sono riusciti. Chi ha fallito è l’Europa. (A maggior ragione non si può pensare di andare avanti con il modello sbagliato: il mondo è pieno di possibilità, basta avere capacità di analisi e coraggio di azione).

di Gianluigi Paragone

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