02 Settembre 2025
Fonte: imagoeconomica
È il più deciso e collettivo "signornò!" pronunciato dal 7 ottobre: "Ci rifiutiamo di prendere parte a questa guerra illegale. Resistiamo al tentativo di Netanyahu di sacrificare tutto per la propria sopravvivenza politica". Con queste parole del sergente Max Kresh si apre il renitenza firmato da centinaia di riservisti israeliani. Sono 367 su circa 40.000 i militari delle Idf — uomini e donne — che oggi hanno scelto di non presentarsi ai propri comandanti.
Eppure, queste voci minoritarie tra le forze armate rispecchiano un sentimento che cresce nella società civile (oggi in Israele sono in corso manifestazioni contro la guerra e il governo Netanyahu): "Questa guerra mette inutilmente a rischio la vita degli ostaggi e dei soldati, crea spaccature nella società e una macchia perenne sul nome di Israele. È venuto il momento per la tregua e la liberazione dei prigionieri", ha aggiunto Kresh durante la conferenza stampa tenutasi oggi a Tel Aviv.
Entro novembre saranno richiamati altri 20.000 riservisti, destinati a diventare 130.000 entro febbraio 2026. Questo è il numero ritenuto necessario per portare a termine la presa di Gaza City secondo “I Carri di Gedeone 2”, il piano strategico messo a punto tra frizioni interne dal governo e dal capo di Stato maggiore delle IDF, Eyal Zamir. Proprio lui, citato da Kresh come simbolo di resistenza all’estremismo del governo, non ha mai nascosto i pericoli che attendono i soldati nel dedalo di rovine di Gaza City e il rischio mortale per i 48 ostaggi ancora nelle mani di Hamas.
I riservisti verranno in larga parte destinati alla Cisgiordania, dove opereranno nelle retrovie. Saranno i militari professionisti, sempre più provati, ad affrontare la fase più dura e complessa del piano, ufficialmente iniziata oggi, come annunciato in serata da Zamir.
Un primo segnale dell’avanzata a tenaglia è arrivato nel pomeriggio tramite padre Gabriel Romanelli, parroco della Sacra Famiglia — l’unica chiesa cattolica a Gaza — che ha diffuso sui social un video in cui si odono spari provenienti da non oltre 400 metri di distanza. Il complesso, che ospita almeno 500 profughi, si trova nei pressi del quartiere periferico di Zeitoun, teatro da giorni di pesanti bombardamenti e demolizioni.
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