Giovedì 31 luglio, il Parlamento ucraino ha approvato con 331 voti favorevoli una nuova legge che ripristina l’autonomia dell’Ufficio nazionale anticorruzione dell’Ucraina (Nabu) e del Procuratore specializzato anticorruzione (Sapo). Si tratta di una netta inversione di rotta rispetto a una legge varata solo pochi giorni prima e fortemente contestata, che aveva sottratto l’indipendenza delle due agenzie, mettendole sotto il controllo diretto del procuratore generale.
La prima legge, voluta e promossa dallo stesso governo Zelensky, aveva suscitato proteste interne senza precedenti dal 2022, nonché severe critiche da parte dell’Unione Europea e di diverse organizzazioni internazionali. Il timore diffuso era che si trattasse di un tentativo di accentramento del potere nelle mani del presidente e del suo entourage, con il rischio concreto di interferenze politiche nelle indagini e di protezione verso funzionari corrotti.
La pressione dell’opinione pubblica, unita all’allarme lanciato da Bruxelles — che ha definito la mossa "un grave passo indietro" — ha spinto Zelensky a fare dietrofront in tempi rapidi. Il presidente ha infatti annunciato l’intenzione di correggere la rotta, presentando un nuovo disegno di legge che ha poi trovato ampio consenso parlamentare.
Zelensky ha dichiarato di voler rafforzare l’efficacia delle indagini, riducendone i tempi e garantendo più condanne, pur continuando a proteggere l’autonomia delle agenzie. Ha inoltre sottolineato che l’intervento era necessario per evitare interferenze russe nei processi investigativi.
La posta in gioco è altissima: la lotta alla corruzione è uno dei requisiti centrali per l’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea e per continuare a ricevere sostegno finanziario internazionale durante la guerra.