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La Corte Suprema salva Trump. Con il rinvio del processo a Washington, diventa più probabile la vittoria del Tycoon a novembre

I giudici hanno deciso di valutare la questione dell'immunità di fronte alle accuse di aver cercato di ribaltare le elezioni. Passeranno mesi prima che il processo possa ripartire.

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Donald Trump, Fonte: Imagoeconomica

La strategia di Donald Trump sta funzionando. Nel processo più importante che deve affrontare, quello federale a Washington D.C. dove rischia decenni di prigione per aver cercato di ribaltare le elezioni del 2020, è arrivata la proroga. I legali del Tycoon affermano che Trump non possa essere censurato per gli atti compiuti in veste da presidente, in cui – secondo loro - rientrerebbero i tentativi di cambiare l'esito del voto.

È una tesi piuttosto ardita, che è stata già respinta completamente dalla giudice di prima istanza e poi dalla Corte d'Appello di Washington, composta da giudici di nomina sia democratica che repubblicana. L'ultima speranza per Trump era la Corte Suprema, a maggioranza repubblicana e con tre dei nove giudici nominati proprio da lui. Non si tratta tanto di dargli ragione – pochi credono che si possa contemplare l'immunità totale per un presidente – ma di far passare del tempo. Infatti, è stata fissata la data del 22 aprile per l'udienza, quindi senza particolare urgenza.

Seguendo i tempi ordinari, una decisione potrebbe arrivare uno o due mesi dopo. Poi ripartirebbe la fase preliminare del procedimento – ora bloccata del tutto – con pochissimo tempo per arrivare al dibattimento in aula prima di settembre, quando diventerebbe inopportuno processare il candidato vista l'imminenza del voto presidenziale.

Non è che il Tycoon sia immune da altri problemi giudiziari. Deve pagare oltre 500 milioni di dollari tra le condanne per frode e per abusi sessuali e diffamazione, entrambe a New York. Inoltre, il 25 marzo inizierà il processo per aver falsificato le partite contabili per nascondere i soldi pagati a Stormy Daniels per il suo silenzio riguardo a un rapporto tra i due. Sarà il primo processo penale di un presidente americano, e anche qui rischia una condanna a carcere. Tuttavia, si tratta di un'accusa più debole in termini giuridici, e anche di una tematica meno attinente alle sue azioni da presidente. Per il popolo americano, essere condannato per le interferenze riguardanti le elezioni del 2020, viste anche le vicende traumatiche del 6 gennaio al Capitol Hill, avrebbe un peso decisamente maggiore.

La risposta di Trump a tutte queste iniziative giudiziarie nei suoi confronti è quella di denunciare una persecuzione da parte dell'amministrazione Biden. È comprensibile che molti credano a questa tesi, visto che in passato le istituzioni hanno inventato non poche accuse nei suoi confronti, in particolare riguardo ai presunti scandali del Russiagate. Tuttavia, nei casi di Washington (come in quello della Florida sulla rimozione di documenti classificati, anch'esso con tempi lunghi), i fatti sono più chiari, con un'alta probabilità di condanna se si dovesse arrivare in tribunale. Ed è per questo che la strategia del Tycoon non è tanto quella di difendersi sui meriti, ma di rimandare il più possibile attraverso obiezioni procedurali e denunce politiche. In questo modo può sperare di tornare alla Casa Bianca e porre fine ai casi giudiziari pendenti d'ufficio.

La Corte Suprema gli ha appena dato un grande assist in questa direzione.

Di Andrew Spannaus

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