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Il “j’accuse” dell’Aubry al Presidente della Commissione UE

Una riedizione in chiave moderna della lettera aperta pubblicata sulla prima pagina di un quotidiano francese dallo scrittore francese Èmile Zola, e rivolta al suo Presidente della Repubblica.

04 Marzo 2021

Ci sono idee, iniziative e/o battaglie che non hanno colore politico, o meglio anche se ce l’hanno, se sono oneste, sono, comunque, meritevoli di essere condivise, a prescindere.

Non fa eccezione a questa regola (se così si possa definire) anche il “j’accuse” dell’eurodeputata Aubry della sinistra francese nei confronti del Presidente Von der Leyen; una riedizione in chiave moderna della lettera aperta pubblicata sulla prima pagina di un quotidiano francese dallo scrittore francese Èmile Zola, e rivolta al suo Presidente della Repubblica.

Questo non è il caso Dreyfus, ma il “caso vaccini” e se possibile è pure peggio, considerato il numero di persone coinvolte ed il volume di capitali investiti e mossi.

La performance dell’europarlamentare è dei primi di febbraio, ma il video ha iniziato a diffondersi, con particolare velocità solo nelle ultime ore. Dubbi, perplessità ed incertezze che hanno assalito molti scettici, condensati in un discorso serrato di pochi minuti, che – a prescindere dall’orientamento – merita di essere ascoltato; per chi non avesse confidenza col francese esiste, in rete, una versione sottotitolata in italiano.

Un attacco serrato sulla gestione delle risorse economiche dell’Unione, riversate nelle casse delle società farmaceutiche per la ricerca e lo sviluppo dei vaccini; sull’opacità delle trattative; sulla leggerezza nella redazione dei contratti, rispetto ai quali è – ancora oggi – impedita la loro lettura integrale. E ciliegina sulla torta (così si esprime), sull’incapacità di rendere i brevetti di pubblica fruizione.

L’accenno al taglio di 400 posti tra i ricercatori della Sanofi (società farmaceutica francese) che non ha ancora commercializzato un vaccino, da contrapporre all’incremento dei profitti delle altre Big Pharma, non è atto di sciovinismo, ma una comparazione iperbolica, idonea a mostrare lo strabismo divaricato europeo.

Molti sono, dunque, gli interrogativi sollevati per ottenere l’istituzione di una commissione d’inchiesta. Noi italiani siamo maestri sul tema e sappiamo che per il tempo in cui le inchieste saranno esaurite (ammesso che giungano ad una conclusione), il problema sarà naturalmente risolto.

Frattanto, però, è legittimo interrogarsi, anche perché le disfunzioni europee trovano un moltiplicatore naturale nella nostra burocrazia.

I recenti avvicendamenti lasciano sperare che le primule cedano il posto a più performanti e meno costose tensostrutture (peraltro già disponibili) e che la macchina organizzativa non venga ulteriormente rallentata dall’endemica inefficienza.
A volte l’ascolto attivo di chi abbia una visione alternativa – senza preconcetti – risulta un valido esercizio, anche per comporre quei contrasti che nascono dall’irremovibilità delle posizioni.       

Di Andrea Migliavacca.
 

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