18 Dicembre 2024
Ex Ilva di Taranto (LaPresse)
155.000 euro in tutto. È la somma che le famiglie del quartiere Tamburi di Taranto dovranno restituire alla famiglia dell’ex patron dell’Ilva Nicola Riva il risarcimento ricevuto a titolo compensatorio per i danni subiti dall’inquinamento industriale dell’impianto siderurgico di Taranto.
La sentenza del processo di primo grado del 31 maggio del 2021 che aveva portato a 26 condanne era stata annullata in appello il 13 settembre scorso. Oggi la Cassazione ha stabilito che il processo sarà annullato e ripartirà nuovamente dal tribunale di Potenza.
I giudici della Corte di Cassazione hanno accolto il ricorso presentato da Bernanrdo Pasanisi, l’avvocato famiglia Riva, ex-proprietari del gruppo Ilva e hanno stabilito che ciascuna delle 31 famiglie che ha ricevuto il risarcimento dovrà restituire 5000 euro, somma stabilita come entità della provvisionale, vale a dire un anticipo dei risarcimenti che gli imputati avrebbero dovuto pagare in caso di condanna definitiva.
La Cassazione ha così confermato l’annullamento della sentenza della Corte d’Assise d’appello di Taranto che aveva trasferito il procedimento penale a Potenza per via del conflitto di interesse tra due magistrati onorari tra le parti civili. Le famiglie che avevano ricevuto le compensazioni saranno adesso costrette dopo la notifica del decreto ingiuntivo a restituire l’importo ricevuto.
Durissima la reazione del Codacons che è parte civile nel processo e lo scorso maggio aveva consegnato l’assegno alle famiglie: «I Riva, divenuti più ricchi che mai grazie all’Ilva e ora di nuovo accusati di aver avvelenato il territorio di mezza regione Puglia consapevolmente per anni, decidono di non aspettare la decisione del Tribunale di Potenza o della suprema Corte di Cassazione e notificano alle vittime un decreto ingiuntivo. Oltre al danno, quindi, anche la beffa», si legge in un comunicato stampa dell’associazione che difende i diritti dei consumatori.
Per annullare l’effetto e del decreto ingiuntivo il Codacons spera nei giudici: “Nel 2021 il gruppo Riva ha registrato un fatturato di 4,32 miliardi di euro. Speriamo in una decisione giusta della Cassazione che di fatto renderebbe totalmente inutili i decreti ingiuntivi che Riva sta notificando alle parti civili danneggiate dalle sue condotte».
La prima sezione penale della Corte di Cassazione ha così dichiarato inammissibili i ricorsi proposti dalle parti civili Codacons e Associazione Aidma contro la sentenza dello scorso 13 settembre, in cui la Corte di assise di appello di Taranto aveva in precedenza annullato la sentenza di primo grado. Come conseguenza dell’annullamento della sentenza, il processo sarà azzerato e trasferito al Tribunale di Potenza in ragione di un conflitto di interesse tra due giudici onorari tarantini che, oltre all’essere in servizio all’epoca dei fatti, fanno anche parte delle oltre 1000 parti civili del processo.
Per questa ragione, a causa l’azzeramento del processo di primo grado che aveva portato il 31 maggio 2021 alla condanna a 22 e 20 anni di carcere nei confronti dei fratelli Fabio e Nicola Riva, a 21 anni e sei mesi per l’ex responsabile delle relazioni esterne del gruppo Girolamo Archinà e 21 anni anche per l'ex-direttore dello stabilimento di Taranto Luigi Capogrosso, le famiglie saranno costrette a restituire la somma ricevuta a titolo compensatorio.
La decisione aveva sollevato l’ira di Legambiente che aveva commentato: “La sostanza è che si ricomincerà tutto da capo, che una buona parte dei reati è già prescritta, che altri reati andranno in prescrizione nel corso del nuovo processo e che chissà quando vedremo una sentenza definitiva. Ma la gravità di ciò che è avvenuto a Taranto non è messa in discussione dalla sentenza di oggi che riguarda solo aspetti procedurali”.
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