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"La libertà innanzi tutto e sopra tutto"
Benedetto Croce «Il Giornale d'Italia» (10 agosto 1943)

Nella Milano atroce ci vorrebbe un Giustiziere, ma purtroppo o per fortuna non c'è

La metropoli è fuori controllo, lo hanno capito tutti. Milano riflette le furie, le isterie del mondo ed è un vaso di Pandora che nessuno pensa più lontanamente a richiudere: non ha senso neppure provarci. La terza migrazione, l'ultima, ha fallito, ha mangiato la città.

27 Ottobre 2023

violenza a Milano

Gli amici che ci sopravvivono o sottovivono mi ripetono “guarda non puoi capire”, non puoi capire com’è strano tirare avanti a Milano, ma io che ci sono nato e cresciuto la città dannata la conosco forse più di loro, che magari ci sono sbarcati venti o trent’anni fa in cerca di fortuna e adesso la girano storditi, confusi di quelle emozioni mescolate tra l’ammirazione che non passa e la paura che monta. Guarda non puoi capire, ma io, milanese di risacca, anche se non ci vivo da decenni a Milano ci torno e la vedo peggiorare ogni volta, anche dopo un mese o venti giorni. Ho visto chiaramente, per dire, la mutazione della famigerata via Padova da ricettacolo di malvivenza locale e terrona nei Settanta della mia gioventù a inferno balcanico, arabo e poi sudamericano, le bande coi machete, se sbagli entrata, se confondi un androne puoi anche non uscirne o uscirne a pezzi. Oggi via Padova, lunga e sconfinata, è Molenbeek, è enclave araba sempre meno enclave: si allarga, si allaga, ci fanno le manifestazioni pro Hamas dove inneggiano al “nuovo Olocausto”, perché, al netto delle chiacchiere dei cialtroni sovvenzionati, il presunto sostegno alla causa palestinese si risolve in una chiamata alle armi contagia tutti dalla Palestina al Libano all’Iran alla Siria passando per via Padova che la giri in macchina e tanto basta, già salire su un autobus di linea è esperienza al limite, col PD dei Sala e dei Majorino che fa il gioco delle tre carte, un po’ finge di non vedere, un po’ asseconda e un po’ condanna, blandamente, coi suoi esponenti ebraici, i Fiano, i Nahum che però anche loro scambiano la realtà che si vorrebbe per quella che c’è agitano il libro dei sogni, promuovono incontri con le comunità islamiche e nello stesso tempo ammettono che queste non sentono ragioni, rifiutano qualsiasi confronto; nelle moschee improvvisate, nelle chiese riconvertite, negli scantinati ci sono invasati, imam altrettanto improvvisati, in realtà fomentatori, che arrivano a bollare apertamente Hamas di eccessiva morbidezza, di non volersi spingere oltre. Il PD che ostenta o finge il dialogo ha contro anche i loro, dai Verdi a parte del PD oltranzista non vogliono sentir parlare di mozioni per liberare gli ostaggi di Gaza, che sono solo pretesti sacrificali, anche per loro la causa è una e una sola, la sparizione d’Israele, dal mondo, da Milano e da via Padova.

Ma dare la colpa alla sola sinistra, al solo PD sarebbe ipocrita. Milano è da 30 anni che si regge su un patto scellerato: la sinistra gli islamici pronti a trasformarsi in islamisti, a radicalizzarsi quaggiù li fa entrare, la destra abbaia alla luna ma i suoi padroni e padroncini mettono subito le mani su questa manovalanza da maltrattare, da utilizzare in nero, senza assicurazioni, li sfrutta, li lascia morire nei cantieri. Questo patto immondo è saltato, perché confidava nella inesausta capacità di assorbimento della città: all’inizio dell’altro secolo l’immigrazione contadina, dopo la guerra quella dei meridionali, andrà così anche coi disperati del mondo diceva la politica trasversalmente irresponsabile, diceva l’imprenditoria e l’industria truffaldina e sfruttatora. Ma gli ultimi arrivati non avevano la medesima propensione a lasciarsi civilizzare e schematizzare, si portavano dietro riti e credenze diverse, culture ancestrali inconciliabili, pochi quelli disposti ad abbandonare le antiche diffidenze, quasi tutti se mai le mantenevano, le radicavano perché più ottieni e meno ti basta e più rivendichi, specie se te lo lasciano fare. I maranza che tagliano coi coltelli i coetanei sui Navagli sono figli di questa subcultura parassitaria e in larga parte vittimistica, ma che come ogni cultura non manca di presupposti o almeno di pretesti. Piuttosto che marcire in un hinterland meglio la carriera criminale, piuttosto di cascare da un ponteggio meglio la galera che tanto poi si esce più temuti e rispettati di prima.

E Milano non la tieni più. Poi i vari potentati e circoli borghesi, i Rotary, le massonerie, possono promuovere le loro cene con la politica trasversale in cui stringono affari più o meno leciti, più o meno loschi, ma la verità la conoscono anche loro e è che neppure loro sono più al sicuro nelle proprie enclave. Perché alla fine, uscire devi uscire. “Sono salva credo per miracolo” mi telefona l’amica che a Milano ci si era sistemata “alla grande” ma adesso non ne è più tanto sicura. In macchina trova una specie di missile che le punta contro e lei d’istinto fa un gesto, ma dove vai, fermati. A bordo ha il figlio minore. “Non avevo fatto in tempo a vedere, erano nordafricani, sono impazziti, si son messi ad inseguirci lungo tutto il viale Papiniano, suonavano, facevano i fari, un incubo alla Stephen King”. Non hai chiamato la polizia?, le ho chiesto. “Non ci ho proprio pensato, ero terrorizzata e pensavo solo a fuggire, a mettere in salvo mio figlio. Non so come, alla fine sono spariti ma ho la sensazione di avere rischiato oltre il lecito”. La mia amica ha ragione e Milano peggiora di giorno in giorno, suscettibile agli eventi, preda degli eventi. Se fino a ieri il pericolo saliva dalla fame di sesso o di spiccioli, adesso la chiamata all’odio contro l’infedele, anche se è quello che ti ospita, spinge a terrorizzarlo a prescindere, per il gusto di farlo, per la legittimazione dell’odio. Eccola la gloriosa ondata di appoggio alla Palestina. Ma non c’è solo questo, c’è una situazione stratificata in 30 anni sulla quale, da posizioni diverse, lanciavano l’allarme all’inizio dei ‘90 Oriana Fallaci come Giorgio Bocca. E nessuno si è sentito di affrontarla, hanno sublimato il senso di colpa, promosso l’integrazione a senso unico nelle scuole, integrazione fatta di soli diritti incluso quello di odiare, integrazione che a lungo andare disintegra. A Porta Garibaldi, che è a ridosso del centro, dalla quale si vede la city life degli influencer e dei calciatori, ne hanno massacrato un altro, un giovane ucraino. Non volevano rapinarlo, volevano solo pestarlo e la tecnica è nota: lo puntano, si dispongono in quattro o cinque a cerchio, come gli squali, squali di terra, di metropolitana: stringono e poi aggrediscono. Sempre a Garibaldi un altro poche settimane fa. E la trafila delle commesse o studentesse assaltate, prese a pugni, stuprate. Ma non ditelo al sindaco Sala, potrebbe aversene a male, lui non è quello che parlava di insicurezza percepita? Si vede che alla fine l’ha percepita anche lui, forse dopo le rampogne di Chiara Ferragni e Elenoire Casalegno: allora ha tirato dentro Franco Gabrielli: “Io ho assunto Gabrielli” risponde il sindaco sempre più nervoso, ma se non gli fai fare niente, se lo lasci come una statua al museo delle cere!…

ecco, la politica sulla sicurezza pare un po’ da museo delle cere e il giornale “Libero” ha fatto i conti in tasca al Comune: 400 vigili in meno a fronte dei 500 promessi, una multa al minuto ai veicoli, che il sindaco ha giurato di cancellare dalla metropoli, anche a Milano, come a Palermo, il problema saliente è “il traffico”. Tutto il resto è percezione. Anche via Padova, anche la stazione Centrale dove un milanese di risacca come me sa come comportarsi, quali uscite prendere e quali evitare e comunque mai farsi vedere esitanti, timorosi quando attraversi il piazzale? Il ministro degli Esteri Tajani, questo euroburocrate, dice che niente paura, la situazione è sotto controllo ma il questore Petronzi, che proviene dalla Digos e dall’Antiterrorismo, ha ammesso: non siamo in grado di prevedere dove e quando colpiranno, la minaccia è troppo fluida.

Petronzi usa il linguaggio del professionista, ma di fluido c’è se mai la paura, il resto è sì inarginabile ma perfettamente percepibile. Lambrate che tramite le arterie di via Porpora e via Vallazze si allunga a Città Studi passando per via Ampére e viale Lombardia, è ormai tutta una rimessa islamica, al Casoretto le botteghe preoccupanti non si contano e li vedi, minacciosi, sguardi torvi, spariscono dietro i vetri, le tendine ma lo senti che continuano a guardarti e pensi: questa potrebbe benissimo essere una cellula dormiente. E ne trovi a centinaia in ogni quartiere o Zona, eccola qua la minaccia “fluida”. Chi le controlla solo le 121 fermate della metro su 104 km di percorrenza dove ogni giorno salgono e scendono un milione e mezzo di viaggiatori? Ci sono le zingare scippatrici in falange, organizzatissime, e segnalarle è pericoloso, arrivano i loro papponi e ti fanno a pezzi, ti fanno passare la voglia come a quel giovanotto un po’ idealista o esaltato che si era messo in testa di fare un servizio alla cittadinanza e ne ha ricevuto 40 giorni di prognosi. Il PD teorizza garantismo per ladri, rapinatrici, borseggiatrici e dei cittadini aggrediti non si cura. E parlo dei trasporti urbani, dei quartieri interni, non ancora di quelli periferici o fuori dalla cintura che sono ingestibili come San Siro, feudo dei trappettari come Simba la Rue che all’anagrafe fa Zakkaria, come un personaggio di Celentano, i quali si scannano fra loro in patetiche faide adolescenziali, il Calvairate o Ponte Lambro. Il Parco Lambro, invece, sempre dietro Lambrate, ai tempi miei era rinomato per guardoni e maniaci, gente sinistra ma patetica, adesso è terra di conquista di peruviani ed ecuadoriani: hanno installato le loro tendopoli e la polizia è tenuta a lasciar fare. I milanesi a sgambare, a pedalare non ci vanno più, sarà percezione ma una coltellata o una rasoiata brucia e te la tieni.

Il sindaco ha altro per la testa, sogna la città sterile, ciclistica come nella Cina di mezzo secolo fa e dice: io non mi curo della stampa di destra che provoca, io tiro dritto e continuo a lavorare. Forse il guaio è proprio questo, in ogni modo auguri a lui e soprattutto ai milanesi, nati, d’importazione o di risacca come me che improvvisamente, dopo 40 anni di nostalgia, scopro di non sentire più niente, nessuna attrazione, nessun dolore, la città amante non c’è più, c’è un decrepito puttanone ricettacolo di troppi semi velenosi, di troppa follia. “Guarda non puoi capire” e invece capisco benissimo, anche se le situazioni hanno del paradossale, preoccupanti ma del genere delirante. Lungo i Navigli una avvocata trentenne entra in un bar e si risveglia a casa come in fiamme: è stata violentata ma non ricorda, ci hanno pensato i carabinieri che, a colpo sicuro, si sono concentrati sui gestori dell bar e gli hanno anche trovato gli immancabili filmini da far girare in rete. Da ragazzo, per quelle misteriose manie che hanno i giovani, mi piaceva passare ore e ore negli inferi della metro, a Lambrate, io e Tony come due sorci di città, sotto la città. Che ne so, ci stavamo bene, perfino protetti, era pericoloso a volte ma sapevamo come muoverci. Adesso per le metro ci stanno le zingare che rivendicano diritto di rapina, neanche di furto, i loro papponi che se ti ribelli ti pestano, e hanno organizzato un mercato di biglietti falsi o scaduti sotto gli occhi del personale, terrorizzato. Che uno pensa alla scena con Charles Bronson “giustiziere della notte” che fa fuori due mugger, due balordi sparandogli attraverso il giornale. Ma qui non c’è nessun Giustiziere e, salite le scalette della fermata di Lambrate, a un ragazzino un marocchino ha tagliato la faccia a colpi di bottiglia rotta per quindici euro. Quasi ad ogni stazione c’è una pozza e tu sai che è il sangue di chi è capitato al momento sbagliato nel posto sbagliato. Ma può essere un posto sbagliato la scala di una metropolitana che serve a viaggiare per la città che ha giurato morte alle auto? A Milano è tutto così, un controsenso dai contorni atroci e dalle conseguenze micidiali.

Mi cascassero addosso i famosi cinque o dieci milioni che ti fanno campare senza problemi per quello che ti resta, non mi ci comprerei più casa in via Teodosio, dove sono nato, per chiudere il cerchio da vincitore: con tre, quattrocentomila euro farei una convenzione a vita con un Hotel NH: la mia piccola suite, salgo, faccio quello che devo, dormo, riparto. Milano soldi e sangue non li merita più. Che me ne faccio di tutto quello skyline se sto tremando?

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