01 Giugno 2023
foto @Lapresse
Alessandro Impagnatiello ha confessato l’omicidio della compagna, e del bimbo di 7 mesi che portava in grembo, Giulia Tramontano. Una figura sinistra, quella che si svela con le indagini su uno degli omicidi più efferati dei tempi recenti. Una vita parallela, il figlio con una precedente donna fuggita dai suoi continui tradimenti, un finto test del dna per convincere l’amante che con la compagna fosse tutto finito. E poi l’omicidio di Giulia, l’omicidio del suo stesso figlio, i cadaveri lasciati a marcire in casa con disumana freddezza mentre impazzivano le ricerche in tutto il Paese. Infine, l’arresto e il crollo di un castello di bugie, solo legante di troppe vite per una sola persona.
Ha trent’anni, la vita trascorsa tra Milano, Senago e Paderno Dugnano, dove si ritrovava spesso con gli amici. Alessandro Impagnatiello nei luoghi che frequentava si faceva riconoscere con piacere. Il vestito del ragazzo giovane che ce l’aveva fatta, con il bel lavoro nell’Armani Bamboo bar di Milano, il suv appena comprato, le vanterie di conoscere la gente che conta nella “grande città”, il rientro nel paese di provincia dove fare bella figura. “Sembrava un po’ sbruffone – dice un conoscente di Paderno Dugnano, pensieroso – un po’ sbruffone”. Un soggetto, secondo i molti che lo conoscevano, un “narciso che manipolava le donne”. Una catena di non detti e bugie, vite parallele che si intrecciano attorno alla figura del 30enne, considerato ora dall’opinione pubblica solo come il mostro che ha strappato la vita ad una donna ed al bambino ormai nato che portava in grembo. Il suo, di bambino.
Una mente fredda, glaciale, capace di vivere per giorni, l’autopsia dovrà rivelare quanti, con il cadavere della compagnia in casa. Carne che si decompone mentre fuori dalla porta l’intero Paese cerca con la disperazione data dalla speranza la giovane Giulia Tramontano e la fragile vita pronta ad affacciarsi al mondo che custodisce nel pancione. Ricerche che sapeva non avrebbero trovato una conclusione felice, perché lui in quella carne ci aveva infilato tre volte un coltello. Quella carne aveva cercato di bruciarla, sperando di disfarsene, ma non ci era riuscito. Quella carne alla fine, sentendosi braccato, l’aveva scaricata in via Monte Rosa, in mezzo ai rifiuti.
“Non era bello, ma aveva mille donne”, una frase fatta, che lo insegue nelle descrizioni di chi l’ha conosciuto. Almeno due, quelle che si avvolgono loro malgrado attorno all’omicidio. C’è la precedente compagna, con la quale Impagnatiello ha un figlio di 6 anni. È lei che chiama martedì sera, quando sente il rumore dei passi delle indagini sempre più vicini: vuole vedere il bambino, vuole stare con lui. La donna, però, da lui era già fuggita, dai suoi tradimenti e dalle sue bugie: “Ma sei pazzo? Stanno cercando il corpo di Giulia e tu vuoi che ti porti nostro figlio?!”.
C’era “l’altra”, la fidanzata parallela, l’amante, la 23enne italo-inglese che a gennaio aveva convinto ad abortire e a cui aveva promesso che le cose con Giulia erano finite. Anche nei suoi confronti, bugie. Addirittura, per non far crollare una narrazione sempre più difficile da sostenere, un finto test del Dna, per dimostrare che, no!, quel bambino che attende di nascere nel pancione di Giulia non è suo! Sarà proprio la giovane a far sprofondare l’impalcatura di parole eretta dall’uomo per giustificare vite divise e unite in un sol corpo. La 23enne sabato chiama Giulia, le rivela tutto. Il giorno stesso, la futura madre scompare.
Mercoledì sera Impagnatiello torna a casa. Negli ultimi giorni, ancora bugie, ai genitori di Giulia, che si sentivano già nonni, alle telecamere, agli inquirenti. È alla guida del suv, quel suv nuovo che sfoggiava orgoglioso per le strade di provincia. Il volto, però, non è lo stesso di quelle passerelle. Gli occhi scavati, quasi nascosti da un giaccone beige in cui sembra voler sprofondare. Davanti casa, giornalisti, vicini di casa, gente che forse una volta lo chiamava amico. La freddezza ormai è consumata. Dentro l’uomo, che qualcuno al di là dei finestrini alzati chiama ad alta voce “assassino di me…!”, resta la realizzazione che il laccio delle bugie si è stretto troppo.
Oscilla su per le scale dell’abitazione. Ovunque, uomini in tuta bianca e macchine fotografiche. Sono i Carabinieri della scientifica, raccolgono prove di tracce di sangue, segni di trascinamento, campioni di dna. È finita. Impagnatiello confessa ai Carabinieri dove si trova il corpo, confessa tutto.
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