20 Marzo 2023
Un gran frusciare di code di paglia. Personaggi più o meno famosi continuano a cascare folgorati da infarti e poi si lamentano, mettono le mani avanti come Jerry Calà: “Ho letto cose talmente ignobili su di me che preferisco non leggerle”. Che, volendo, è una battuta delle più riuscite. Ce l'ha con quelli che su Twitter ironizzano ricordando i suoi coretti coi virologi canterini, “vacciniamoci, vacciniamoci” e si può capire, non fa piacere a nessuno venire preso in giro tra la vita e la morte, anche a me auguravano ti tirare le cuoia, sia chi non voleva mi vaccinassi sia chi pretendeva lo facessi. Io però dopo la scelta, pagata cara, non ho fatto frusciare la coda di paglia: ho raccontato come sono stato e come sto da quasi due anni e mi sono preso le responsabilità del caso. Il comico Calà invece liquida tutto con una smorfia, una boutade, sto così bene che voglio tornare a lavorare, capittooo! Libidine!!!. Meglio per lui ma qui è in ballo un problema di correlazione possibile se non probabile. Calà essendo uno dei sacerdoti del dogma vaccinale, due dosi, tre, quattro e dopo la è arrivato l'infartino. Il vaccino? Qualche ricostituente di troppo? La sfiga? Ma se sono migliaia e migliaia e migliaia a stenderci le gambe, più o meno irreversibilmente, dopo la quarta o quinta puntura possiamo ancora fare finta di niente?
È così difficile porsi qualche domanda? Claro que sì, hombre: comporta dolorose consapevolezze, tanto dolorose da rasentare il dolo: fosse mai che mi hanno rovinato, mi sono rovinato da solo, ho rovinato gli altri. Capovolgendo il teorema draghesco, “non ti vaccini ti ammali muori ammazzi”. Le code di paglia frusciano ma non possono coprire il rumore di fondo di uno sconcerto più ingombrante ad ogni giorno che passa. L'Aifa, l'agenzia del farmaco che garantiva sulla qualità e la bontà del vaccino, improntava il suo comportamento ad omertà e criminosa omertà: “Ma se questo vaccino non immunizza, a cosa serve?” si chiedevano all'interno del carrozzone; e si rispondevano come il conte Mascetti della supercazzola: “L'assenza di anticorpi non è un fallimento”. Ah, no? E quanto agli effetti avversi? “Se vogliamo sopravvivere bisogna imparare a non rispondere”. Affermazioni che varrebbero da sole la galera perché chi è capace di arrivare a tanto può benissimo continuare, può inquinare, può fuggire. Indifferente o forse preoccupato da simili retroscena, il parlamentare berlusconiano Mulè, che ormai è una appendice della sinistra radicale, è tornato alla carica: vaccinare tutti, a forza, e che la magistratura ne stia fuori. E l'ha detto al Giorno della Memoria con cui la politica disastrosa celebra vittime indotte, che si potevano e si dovevano evitare; l'ha detto mentre l'OMS è sul punto di certificare la fine della pandemia da Covid nel mondo anche se la politica dei grandi affari la frena. Con quali ulteriori conseguenze per la collettività degli ingenui, i deboli, i suggestionabili, gli avvezzi ad obbedir tacendo?
Quelli come Calà, come Platinette, dovrebbero comportarsi da cittadini e da uomini, smettere di frusciare la coda e ammettere quello che va ammesso o almeno esporsi al beneficio del dubbio. Non solo per loro quanto per una sorta di esigenza democratica, per non ostacolare oltre il faticosissimo processo che porta alla verità che è l'unica a poter scongiurare altri drammi, altri disagi che la collettività dovrà bene o male sopportare. Perfino gli accattoni in fama di virologi hanno preso a rinfacciarsi vicendevolmente responsabilità che, con tutta evidenza, ritengono reali e non lievi; non uno bello spettacolo, come non lo è quello del viceministro Sileri che da tracotante e minaccioso, “non vi daremo respiro, vi daremo l'inferno”, arriva a dipingersi vittima di ricatti. L'inferno in effetti lo ha dato, non solo ai non vaccinati, anche a chi si è sottoposto una, due, cinque volte. La proporzione degli effetti avversi invalidanti e permanenti è stata stimata in uno su diecimila ma per le conseguenze anche serie ma con le quali si preferisce, come chi scrive, convivere senza farne un dramma (e invece siamo già a nostro modo degli handicappati), per i casi di malori e patologie trascurate o non denunciate la proporzione sale a uno su mille, uno su cinquecento ed è una proporzione tragica che ricorda una strage globale e procurata. Da Camilla Canepa a Jerry Calà, che si è salvato, il passo è breve, non tutti saranno da ascrivere al vaccino ma si abbia l'onestà di ammettere che in nove casi su dieci una spiegazione alternativa razionale, scientifica non c'è; che l'Aifa sopra citata non rispondeva alle denunce “perché dobbiamo sopravvivere” però le trasmetteva all'EMA europea che le teneva nel cassetto. La cospirazione c'è stata, altroché se c'è stata e i folgorati più o meno illustri sono tenuti a tenerne conto, come tutti, specie se per il rotto della cuffia se la sono cavata. L'informazione non aiuta, è tuttora aggregata in larghissima compatezza nel malaffare della menzogna e della connivenza: restano solo le testimonianze di chi ci è passato, e dovrebbe piantarla di sentirsi sempre e comunque comico o buffone anche coi piedi in avanti. Se una meteorologa americana, Alissa Carlson Schwartz, sviene sotto le telecamere non può cavarsela col solito sdegno verso i novax sciacalli, non può raccontare che “ho una lieve patologia cardiaca e mi è già successo in passato”. Quasi morire in diretta non è una lieva patologia. Lasci perdere i novax e spieghi quante dosi ha assunto e se da allora la sua lieve patologia è peggiorata o meno. In medicina, il modus procedendi è di escludere patologie serie, non di occultarle. Invece pure questa crede di cavarsela con l'appello alla Taylor Swift: “Ringrazio tutti i miei fan, sono grata per l'incredibile quantità di messaggi, vi amo tutti”.
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