03 Marzo 2023
fonte: Facebook @Salafila Pippo
Roberto Speranza e Giuseppe Conte avevano idee diverse sull'estensione della zona rossa nella bergamasca agli inizi di marzo 2020: questo ha ritardato la decisione di qualche, critico, giorno. Nell'ambito dell'inchiesta della Procura di Bergamo sul Covid i pm hanno 15 giorni per esaminare la bozza del decreto firmata da Speranza ma non da Conte.
L'ex ministro della Salute Roberto Speranza e l'ex premier Giuseppe Conte devono fronteggiare accuse diverse nell'ambito dell'inchiesta sul Covid aperta dalla Procura di Bergamo. Ai due, insieme alla maggior parte degli indagati, si chiede conto della mancata applicazione del Piano Pandemico, ma Conte deve rispondere anche delle motivazioni per cui non ha attivato la zona rossa nei comuni di Nembro e Alzano Lombardo nonostante "l'ulteriore incremento del contagio" in Lombardia e "l'accertamento delle condizioni che (...) corrispondevano allo scenario più catastrofico".
La discrepanza delle accuse è dovuta ad un documento trovato dagli investigatori il 14 gennaio del 2021 durante un’operazione di acquisizioni e perquisizioni al Ministero della Salute e all’Iss. Chiusa in un cassetto c'era una cartellina contenente una bozza di decreto e recante la firma del solo ministro.
Per Speranza già dal 4 marzo 2020 si potevano estendere i provvedimenti di contenimento del contagio ai comuni bergamaschi di Alzano Lombardo e Nembro. Il presidente Conte, invece, ha tentennato e non ha firmato. Tra il 6 e il 7 marzo ha promulgato divieti allargati alla Lombardia. Il 9 marzo sarebbe arrivato il lockdown nazionale.
Secondo alcuni in Val Seriana si era già rimandato troppo, considerando che nel Lodigiano la chiusura era scattata due giorni dopo il primo tampone positivo. C'è chi dice che la mancata attivazione della zona rossa nei due comuni abbia non solo favorito l'espansione del virus, ma sia anche costata la vita a 4000 persone.
La bozza di decreto è ora al vaglio dei pm bresciani prima di passare al Tribunale dei Ministri.
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