07 Giugno 2021
Principe Amedeo Duca di Savoia e d'Aosta
Amedeo di Savoia ci ha lasciati il 1 giugno all'età di 77 anni. É morto ad Arezzo, dove viveva da molto tempo. Elencare tutti i suoi titoli sarebbe esercizio lungo e forse non lo gradirebbe neanche lui che era persona semplice e alla mano. Quello principale e più conosciuto era quello che probabilmente amava di più: Duca d'Aosta.
Lo aveva ereditato dalla sua discendenza diretta da re Vittorio Emanuele II, iniziata con Amedeo I re di Spagna, proseguita con suo nonno Emanuele Filiberto comandante dell'invitta Terza Armata nella Grande Guerra e proseguita sino a suo zio Amedeo viceré d'Etiopia. Uno dei più grandi eroi della nostra storia, quasi totalmente dimenticato dall'Italia di oggi, morto in un campo di concentramento inglese durante la seconda guerra mondiale.
Proprio in un campo di concentramento, questa volta tedesco, Amedeo mosse i primi passi della sua vita da internato assieme alla madre Irene di Grecia (attraverso la quale era imparentato con tutte le famiglie reali d'Europa), allorché a poche settimane dalla sua nascita i quel tragico 1943,vi venne condotto in conseguenza dell'armistizio che il governo di suo zio Vittorio Emanuele III firmò con gli alleati. La conseguente rappresaglia nazista vide deportati ben sette membri di Casa Savoia.
Terminata quell'esperienza dopo il referendum del 1946 visse alcuni anni in esilio lontano anche dal padre, il Duca di Spoleto, che si era trasferito in Argentina a cercare fortuna ma che morì prima di riuscire a ricongiungersi con la famiglia. Orfano a cinque anni rientrò in Italia con la madre e da qui iniziò la vita per cui in tanti lo abbiamo conosciuto.
Cadetto del Collegio Navale Morosini di Venezia, lo svolse da interno essendo chiamato "Aosta" e basta, perché la direzione dell'istituto (all'epoca poco più che un collegio per adolescenti) non gradiva che un Savoia risultasse iscritto in una scuola militare della Repubblica. Successivamente frequentò l’Accademia della Marina Militare a Livorno, giurando fedeltà a quello stato che lo aveva privato dei suoi diritti dinastici.
Memore dello zio, re Umberto II, che lo autorizzò con la frase: "L'Italia esiste, dunque giura". Nel corso degli anni poi intraprese una carriera da imprenditore nel settore enologico, in una splendida tenuta da lui creata "Il Borro" dalle parti di Arezzo. Sposò la principessa Claudia di Francia da cui ebbe tre figli: Bianca, Aimone e Mafalda.
In seconde nozze si unì in matrimonio con Silvia Paterno' di Spedalotto, attuale Duchessa d'Aosta. A cavallo di questo lungo periodo che va dagli anni sessanta agli anni duemila venne spesso chiamato in tv come rappresentante della Casa Reale o a volte per tematiche di carattere monarchico in generale. Colto e anticonformista, amante del mare e della natura risultò subito simpatico a un vasto pubblico, vivendo comunque tutto ciò con riservatezza e non ostentando mai comportamenti eccentrici.
Iniziai a conoscere la sua figura negli anni 80, apprezzandone in particolare l'ironia. Una volta la televisione per diverso tempo propose un comico - Enzo Braschi - che faceva la sua imitazione, il Duca dopo poco lo invitò nella sua tenuta e per l'evento uscì anche un articolo emblematico sul magazine "Sorrisi e Canzoni" titolato: "Duca e Duca".
Lo incontrai spesso per cerimonie storiche e a volte mi capitava di accompagnarlo quando andava in televisione. Difendeva l'istituto monarchico senza acrimonia, con classe, tanto che spesso anche l'interlocutore più ostile finiva col non ribattergli nulla. Quanto all'aspetto storico non aveva paura di riconoscere gli errori dei Savoia ma lecitamente invitava tutti a valutare con buon senso gli eventi cercando di superare quelle preclusioni ideologiche che nel tempo avevano incrinato ed oscurato i meriti del Casato che fece l'Italia.
La volta in cui fui maggiormente felice di essergli stato in qualche modo vicino, fu quando partecipò ad una trasmissione di Pippo Baudo che si chiamava "Novecento", dove il Duca o Amedeo come preferiva essere chiamato fece un "a tu per tu" molto serrato - benché piacevole - col conduttore siciliano non ostile ma sempre incalzante quando intervistava qualcuno. A chiosa di quell'incontro "Il Pippo Nazionale" gli chiese: "Ma se un giorno gli italiani lo volessero, a lei piacerebbe fare il Re? "Lui rispose: "Non me lo augurerei ma sarei pronto a farlo!"
In quella frase io capì tutto quello che per me quell'uomo poteva insegnarmi su ciò che era un principe e una monarchia. Spirito di servizio, equilibrio, amore per il proprio popolo anche quando per molto di esso non rappresenti più nulla. Un retaggio, mi perdoni chi non condivide, che è molto difficile da trovare nelle repubbliche.
L'amore per la terra (oggi più che mai un valore da difendere) lo portò nell'ultima parte della sua vita a dedicarsi alle biodiversità a Pantelleria dove passava i mesi estivi e dove vinse anche il premio letterario del Parco Nazionale dell'Isola con un libro da lui scritto e chiamato "Il mio sogno mediterraneo". Tra le varie fu anche presidente onorario dell'associazione italiana tatuatori essendo come vecchio marinaio anche lui stato tatuato per ben sette volte.
In punta di piedi come è vissuto ci ha lasciato. L’addio è stata una semplice cerimonia in linea con i tempi che viviamo decisamente poco atti al fasto, nella chiesa fiorentina di San Miniato al Monte. Un edificio sacro d'epoca medioevale, che lui amava e che fa trasparire una religiosità intima della persona, non urlata ma vissuta.
Lo hanno accompagnato in quest'ultimo saluto la moglie, i figli, gli undici nipoti, la principessa Claudia di Francia sua ex consorte, il cugino l’Arciduca Martino d’Austria-Este insieme ad alcuni parenti appartenenti alla nobiltà italiana. Suo figlio Aimone che ricalca molto i modi e la sensibilità del padre, ha fatto portare sul sagrato della chiesa su un cuscino a suo, figlio e nipote del Duca, Umberto di dodici anni il Collare dell'Annunziata: il più alto simbolo di Casa Savoia che era stato deposto sulla bara del Principe Amedeo avvolta in una bandiera con stemma sabaudo.
Quella bandiera che tanta storia scrisse sui campi di battaglia, nella cultura e nella vita dell'umanità a cui ha reso omaggio la marina di oggi con un picchetto d'onore per lo più rivolto ad un uomo che soprattutto amò e servì questa istituzione. Volendo con essa servire un paese di cui forse, se l'inattesa piega degli eventi avesse girato in un altro modo, poteva essere re.
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