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Takeda, Barberis: “Gli investimenti riguardano l’aumento di capacità produttiva e l’impatto dello stabilimento sull’ambiente”

Massimiliano Barberis, AD Takeda Manufacturing Italia a Il Giornale d’Italia: “Abbiamo 100 milioni di euro che in 5 anni saranno investiti per l’acquisto di nuovi macchinari e 180 milioni di euro che nello stesso tempo invece, andranno a migliorare la sostenibilità dello stabilimento”

29 Marzo 2022

Massimiliano Barberis, AD Takeda Manufacturing Italia, in occasione della presentazione del “Piano di investimenti 2021-2025”, a Il Giornale d’Italia:

“Importante puntualizzare il fatto che si tratta di investimenti che riguardano non solo l’aumento di capacità produttiva ma anche che tendono a migliorare l’impatto dello stabilimento sull’ambiente. Il primo capitolo riguarda investimento da circa 100 milioni di euro che si sviluppa in 5 anni, investimento dedicato all’acquisto di nuovi macchinari per ampliare capacità produttiva degli stabilimenti. Il secondo capitolo che ritengo anche forse più importante di circa 180 milioni di euro sullo stesso periodo, serve invece a migliorare la sostenibilità dello stabilimento e a garantire che i macchinari ormai obsoleti, vecchi e non più rispettosi dell’ambiente, vengano sostituiti con nuovi macchinari più moderni, innovativi e che permettano allo stabilimento di lavorare per i prossimi vent’anni e di mettere a frutto gli investimenti di capacità.”

“I plasmaderivati sono una categoria farmacologica che anche se molto datata, perché i primi furono sviluppati 80 anni fa, continua ad avere un aumento inarrestabile. C’è un aumento del 6-8% anno su anno, quindi può portare a far capire che ogni dieci anni i volumi si raddoppiano. Questo è importante perché al momento non ci sono sostituti, quindi nel mondo ci sono nuovi milioni di persone che accedono a delle cure evolute, costose. Esistono nuove malattie che vengono diagnosticate e in cui si capisce che la terapia di plasmaderivati è l’unica o quella elettiva e in più abbiamo anche lo sviluppo dei sistemi sanitari in cui le persone, già alla nascita, hanno un’individuazione precoce della malattia. Quindi iniziano a garantire un livello di cure e a garantire la propria qualità di vita già da piccolissimi, addirittura da neonati, differentemente dal passato dove magari si scopriva a 30 anni di avere una malattia invalidante, ma ormai era troppo tardi, per questo i volumi continueranno da aumentare”.

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