25 Marzo 2021
Già del 2007 si sapeva che la pandemia sarebbe arrivata ma niente è stato fatto per evitare di venirne travolti 14 anni dopo. A lanciare la bomba il quotidiano Il Giornale, che sulle sue pagine rispolvera un vecchio opuscolo dal titolo significativo “Pandemia influenzale, Salute, Economia, Sicurezza”. Era l’11 ottobre 2007 al Centro Congressi Fondazione Cariplo ed anche il Sole 24ore diede particolare spazio all’inserto. Ad ispirare la ricerca l’influenza aviaria o virus H5N1, che come sappiamo ha non poche similitudini con il coronavirus. Proprio le aziende erano così preoccupate da iniziare a pensare che forse il mondo avrebbe dovuto prepararsi al peggio.
Mauro Moroni dell’Istituto di Malattie Infettive e Tropicali, al tempo scriveva: “Gli scienziati hanno pochi dubbi sul fatto che il futuro ci riservi una nuova pandemia influenzale” anche se “ancora non sanno quando si verificherà e da quale virus sarà provocata”. Anche Marco Frey della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa aveva fatto un richiamo a tenere alta l’allerta. Si sapeva quindi e ci si poteva preparare ma non è stato fatto.
Già nel 2007 si era pensato anche agli effetti deleteri di una pandemia sull’economia: preoccupavano assenteismo, blocco dei processi distributivi e produttivi, crisi del settore finanziario, della filiera agroalimentare, dei trasporti e del sistema sanitario. Sappiamo come è andata a finire: si è verificato esattamente quello che è stato predetto. “La miglior difesa è adottare una prospettiva cautelativa, ragionando per approssimazione a partire dal parente più prossimo di ogni pandemia, ovvero l’influenza stagionale” scriveva quattordici anni fa Paolo Tedeschi dell’Università della Bicocca. Evidente, quindi, che si poteva fare qualcosa di iù per evitare di essere travolti dalla “tempesta covid”: si sarebbero potute evitare tante cose, in primis una caterva di morti in tutto il mondo.
Anche sui risvolti economici della pandemia i segnali di un suo impatto particolarmente duro potevano essere individuati e calcolati studiando gli effetti sui commerci e le produzioni di quei Paesi già colpiti in passato da altre pandemie. Per quanto riguarda l'Italia dal punto di vista economico le conseguenze di una pandemia erano state già calcolate sulla base di tre scenari: un danno “contenuto si attesterebbe sullo 0,6% del Pil, ovvero 8,5 miliardi di euro, un danno ‘medio’ a circa 28 miliardi (2% del Pil) mentre un impatto grave (6,5% del Pil) significherebbe perdite fino a 92 miliardi, pari per intenderci all’intero bilancio annuale del Servizio Sanitario Nazionale. A conti fatti, avevamo messo in conto riduzioni dei consumi a medio termine per alimentari, abbigliamento, turismo, ristorazione e trasporti: è andata proprio così, anzi anche peggio visto che il calo del Pil nel 2020 è stato dell’8,8%. Inoltre, analizzando le esperienze passate, gli esperti 14 anni fa calcolavano che “il livello di infezione” di una nuova pandemia aviaria si sarebbe attestato “tra il 25% e il 30% della popolazione, con un numero di ammalati in Europa compreso tra 114,8 e 137 milioni (da 14,6 a 17,5 in Italia), ed una mortalità pari a 1,1 milioni di decessi (in Italia circa 146.156 morti)”.
Stime profetiche e quanto mai veritiere: in Italia ad oggi le vittime covid sono state 105mila. Si sapeva ma lo studio è stato tenuto in cassetto, chissà perché. Sono passati 14 anni da allora, anni in cui si poteva per lo meno aggiornare il piano pandemico nazionale ma non solo sapendo come stavano le cose si poteva fare molto di più: aggiornare le difese alle linee guida di Oms e Ue, evitare di spedire le mascherine in Cina invece di incrementare le scorte, organizzare in anticipo un piano vaccinale ed anche un piano economico. Il covid è stato libero di arrivare ed infiltrarsi nelle nostre vite mentre inermi aspettavamo di esserne travolti. Si potevano limitare i morti e l’affossamento della nostra economia e libertà. Non è stato fatto e ci sono delle responsabilità.
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